Esami del sangue
Si effettuano (secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998) tra la 27a e la 32a settimana di gravidanza e sono gratuiti se eseguiti nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Gli esami del sangue sono i seguenti:
- l’emocromocitometrico: con questo esame si controllano la quantità e le percentuali dei globuli bianchi e dei globuli rossi (elementi del sangue) e la concentrazione dell’emoglobina (la proteina che trasporta l’ossigeno ai vari tessuti) e serve ad accertare che la donna non soffra di anemia, un disturbo contraddistinto dalla carenza di queste componenti nel sangue.
- la ferritina: questo esame completa le indagini sull’anemia e consiste nella valutazione della quantità di ferro di “riserva” a disposizione dell’organismo. Se necessario, il ginecologo prescriverà una supplementazione di ferro e acido folico, necessari alla produzione di maggiori quantità di emoglobina e globuli rossi.
Analisi delle urine
Tra 27a e 32a settimana di gravidanza occorre ripetere, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, questo controllo per escludere nella futura mamma la presenza di gestosi (malattia dell’attesa che si manifesta con la presenza di proteine nelle urine), diabete gestazionale o di un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno). Anche in questo mese, gli esami delle urine sono gratuiti (non si paga quindi nemmeno il ticket) purché eseguiti in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. A partire dal settimo mese, poi, di norma il ginecologo fa ripetere l’esame delle urine ogni 15 giorni (non sono però tutti gratuiti, ma solo quelli previsti dal decreto legge sopra citato).
Detta in termini medici biometrica, l’ecografia del terzo trimestre si esegue tra la 28a e la 32a settimana di gravidanza per valutare che il piccolo stia crescendo bene in rapporto all’età gestazionale. Questo esame si basa, oltre che sul controllo anatomico dei vari organi, su una serie di misurazioni di alcuni dati (per esempio, la circonferenza del cranio e la lunghezza del femore) che vengono confrontati con valori standard, calcolati su migliaia di feti, riportati su particolari tabelle di riferimento (dette dei “percentili“). Il ginecologo può eseguire anche il Doppler placentare, un esame, effettuato sempre con gli ultrasuoni (onde sonore non percepibili), che verifica la funzionalità della placenta attraverso la misurazione della velocità di flusso del sangue nell’organo. Questo controllo si rivela particolarmente utile nel caso in cui il medico abbia riscontrato un iposviluppo (cioè una crescita inferiore alla media): potrebbe essere il segnale che la placenta non riesce più a nutrire bene il feto; in questo caso, sarà necessario far nascere prima il bebè. Se il bimbo è troppo grosso, invece, il medico valuterà la possibilità di far partorire la donna con un intervento cesareo. L’ecografia è gratuita (se eseguita nelle settimane sopra indicate, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, e nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale).
Visita dal ginecologo
In occasione di questa visita il ginecologo si informa sugli eventuali disturbi della futura mamma, controlla l’aumento di peso, misura la pressione arteriosa, verifica la dilatazione del collo (la parte inferiore) dell’utero, misura il battito cardiaco del feto e si informa sui movimenti fetali. La futura mamma porta i risultati degli esami eseguiti ed espone al ginecologo tutti gli eventuali dubbi. In presenza di problemi specifici, possono rendersi necessari controlli più ravvicinati.
Gli esami del sangue
Si effettuano (secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998) tra la 33a e la 37a settimana di gravidanza e sono gratuiti se eseguiti nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. Gli esami del sangue che si eseguono nell’ottavo mese sono:
- emocromocitometrico: con questo esame si controllano la quantità e le percentuali dei globuli bianchi e dei globuli rossi (elementi del sangue) e la concentrazione dell’emoglobina (la proteina che trasporta l’ossigeno ai vari tessuti). Questo test è utile per accertare che la futura mamma non soffra di anemia, un disturbo caratterizzato dalla carenza di questi elementi nel sangue.
- virus dell’epatite B e C: con questo esame si verifica se nel sangue della futura mamma sono presenti tracce di questi due virus. In caso positivo, infatti, sarà necessario prendere le dovute precauzioni al momento del parto, per evitare di trasmettere l’infezione al bambino. In genere, in questo caso non è possibile l’allattamento al seno, perché anch’esso è a rischio di trasmissione dell’infezione.
Le analisi delle urine
Tra la 33a e la 37a settimana di gravidanza occorre ripetere, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, questo controllo per escludere nella futura mamma la presenza di gestosi (malattia che può comparire solo in gravidanza, manifestandosi con la presenza di proteine nelle urine), diabete o un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno). Anche in questo mese, gli esami delle urine sono gratuiti (questo significa che non si paga nemmeno il ticket) purché eseguiti in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Spesso in quest’ultima fase della gravidanza i controlli delle urine sono richiesti dal medico o dal ginecologo più frequentemente, ma in questo caso si paga il ticket.
La visita dal ginecologo
Con ogni probabilità la frequenza delle visite, con l’approssimarsi della data del parto, tenderà a intensificarsi, soprattutto se la futura mamma soffre di qualche disturbo che richiede un controllo medico ravvicinato. Per questo, a partire dall’ottavo mese, in genere il ginecologo controlla che tutto proceda bene ogni due settimane circa. In occasione della visita, lo specialista si informa con la futura mamma sull’andamento dei disturbi, valuta l’aumento di peso, misura la pressione arteriosa, verifica la dilatazione del collo (la parte inferiore) dell’utero, misura il battito cardiaco del feto e si informa sulla regolarità dei movimenti fetali. La futura mamma porta i risultati dell’ecografia eseguita nel settimo mese, in modo che il ginecologo ne possa ricavare informazioni utili in vista del parto: per esempio, dalla posizione del bambino nell’utero (a testa in giù o meno) e dalle sue dimensioni, è possibile prevedere se sarà possibile un parto naturale o, con ogni probabilità, servirà il cesareo.
I controlli in più
Si tratta di un esame di laboratorio, che si effettua analizzando le sostanze prodotte dalla vagina con uno strumento, costituito da un apposito bastoncino che termina con un piccolo tampone. Lo scopo di questo test è di accertare la presenza in vagina di alcuni batteri che possono determinare infezioni locali: in questo caso, infatti, occorre eseguire anche un altro esame, l’antibiogramma, per stabilire qual è l’antibiotico più adatto per eliminare il batterio evidenziato con il tampone. Verso la fine della gravidanza, il tampone vaginale viene prescritto a scopo preventivo, perché i batteri eventualmente presenti potrebbero risalire nell’utero e svilupparsi anche al suo interno, creando seri problemi per il feto.
Non trattandosi di un esame di routine, per l’esecuzione del tampone vaginale (se prescritto dal medico) è previsto comunque il pagamento di un ticket (cui bisogna aggiungerne un altro se serve anche l’antibiogramma).
La visita dal ginecologo
In occasione di questo controllo, il ginecologo può essere già in grado di stabilire se il parto potrà avvenire in modo naturale o, invece, sarà necessario il cesareo (per esempio, se il piccolo è podalico, cioè si presenta con i piedini o con il sederino per nascere). Lo specialista controllerà anche la cervice o collo (cioè la parte inferiore) dell’utero, per verificare il livello di assottigliamento e ammorbidimento dei tessuti in vista del travaglio. Prima che esso abbia inizio, infatti, il collo è spesso, mentre in fase di travaglio si assottiglia sempre più fino al momento del parto. Viene misurata anche la dilatazione cioè il grado di apertura della cervice: l’apertura massima cui si giunge, in media, è pari a 10 centimetri, e poco prima che inizi il travaglio può essere del tutto chiusa o aperta di uno-due centimetri. Particolarmente utili in vista del parto sono anche i risultati degli esami eseguiti, che la futura mamma dovrà portare con sé. Se si desidera ricorrere all’epidurale durante il travaglio, occorre parlarne con il ginecologo per farsi prescrivere gli esami necessari. Lo specialista ausculta, con un apposito strumento, il cuore del feto, che deve essere costante (circa 120-160 battiti al minuto). Inoltre, misura la pressione sanguigna della futura mamma, per verificare che i valori siano nella norma, e controlla l’accrescimento di peso.
Le analisi delle urine
Anche nell’ultimo mese di gravidanza, tra la 38a e la 40a settimana, occorre ripetere, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, questo controllo per escludere nella futura mamma la presenza di alcuni problemi: ossia la gestosi (una malattia caratterizzata, tra l’altro, dalla presenza di proteine nelle urine), diabete (un problema che si manifesta invece con la presenza di zuccheri nelle urine) o un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno). Gli esami delle urine sono gratuiti (non si paga nemmeno il ticket) purché eseguiti in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Possono essere richiesti anche controlli più frequenti dal medico o dal ginecologo, ma in questo caso si paga il ticket.
I controlli in più
In prossimità del termine della gravidanza (che è alla 40a settimana), quindi intorno alla 39a settimana, mamma e bambino vengono sottoposti a una serie di controlli, per verificare che le loro condizioni di salute siano buone e, quindi, che la gravidanza possa proseguire ancora per una – due settimane. Questi esami vengono poi ripetuti alla 40a settimana e poi ogni 72 ore, fino al compimento della 41a settimana e tre giorni. Di norma, intorno questa epoca della gravidanza, se il bimbo non è ancora nato, la donna viene ricoverata in ospedale per indurre il travaglio. Ecco quali sono gli esami principali che si eseguono.
Il monitoraggio del battito cardiaco
Questo esame registra contemporaneamente la frequenza cardiaca fetale e la contrattilità dell’utero, verificando la reattività del bambino, e quindi la variazione del battito del suo cuore, alle modificazioni dell’utero. Il controllo del ritmo del battito cardiaco permette, infatti, di rilevare la presenza di un’eventuale sofferenza del feto e, in questo caso, la necessità di far nascere il bimbo in anticipo (con i farmaci o con il cesareo). L’esame può essere effettuato in due modi: dall’esterno o dall’interno (quest’ultima modalità, però, è possibile solo durante il travaglio, dopo che si sono rotte le membrane amniotiche). Dall’esterno, l’esame si effettua con un particolare strumento elettronico, il cardiotocografo. La futura mamma viene fatta sdraiare su un lettino e le vengono fissate al pancione, tramite fasce elastiche, due placche di metallo, collegate a un monitor elettronico. Le registrazioni, delle contrazioni da un lato e del battito cardiaco fetale dall’altro, vengono rielaborate in due tracciati e, sulla base del loro confronto, è possibile stabilire le condizioni di benessere del bimbo.
La biometria fetale
Attraverso l’ecografia (esame che si avvale degli ultrasuoni, onde sonore non percepibili dall’orecchio umano) si verifica che le dimensioni del feto siano nella norma rispetto all’epoca gestazionale. Consente cioè di vedere se il piccolo ha ricevuto nutrimento a sufficienza e se continua a riceverne abbastanza. In quest’ultimo caso, infatti, è necessario indurre il parto.
La dopplerflussimetria
Questo esame, detto in termini medici dopplerflussimetria dell’arteria ombelicale, consiste in un’ecografia che verifica le condizioni della circolazione del sangue del feto nel cordone ombelicale, perché è da questo che il piccolo trae il suo nutrimento e attraverso di esso elimina le sostanze di scarto tra cui, soprattutto, l’anidride carbonica.
La quantità di liquido amniotico
Si tratta di un’ecografia che serve per verificare la quantità di liquido amniotico (che in genere è compresa tra 500 e 1.500 millilitri) in cui è immerso il piccolo nel pancione. Quando il bimbo sta bene, cioè riceve un adeguato nutrimento di ossigeno, anche i reni sono ben irrorati dal sangue e, di conseguenza, producono la giusta quantità di urina, che si trova nel liquido amniotico. Al contrario, quando il bambino riceve poco ossigeno, lo manda al cuore e al cervello, “risparmiando” sul rene e urinando quindi di meno. In questo caso, il ginecologo valuta, in base alle condizioni di benessere del feto, se indurre o meno il travaglio.
L’amnioscopia
Consiste nel controllo del colore del liquido amniotico. Si esegue inserendo in vagina, attraverso uno speculum (un dilatatore), un sottile tubicino che arriva a contatto con il sacco amniotico. Grazie a un sistema di illuminazione, è possibile illuminare il sacco e analizzare, attraverso il colore del liquido, lo stato di salute del feto. Si tratta, tuttavia, di un esame ormai poco utilizzato.