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Il ricorso regolare al parto cesareo potrebbe aver influenzato l’evoluzione della specie umana. Come? Favorendo la nascita di neonati più grandi e l’aumento del numero di donne con il bacino stretto. A sostenerlo è un team di ricercatori dell’Università di Vienna (Austria). Il motivo? In passato le future mamme che avevano il bacino stretto morivano durante il parto, mentre oggi grazie al taglio cesareo sopravvivono e trasmettono i loro geni alle figlie (predisposte ad avere a loro volta il bacino stretto).
Di madre in figlia
Gli autori della ricerca hanno capito che il ricorso regolare al parto cesareo potrebbe aver influenzato l’evoluzione della specie umana analizzando i casi in cui il neonato non riusciva a passare attraverso il canale del parto nel 1960: 30 su 1.000, circa il 3%, mentre oggi sono 36 su mille, una percentuale pari al 3,6%. I ricercatori hanno concluso che oggi i neonati sono più grandi (e anche più sani) proprio grazie al parto cesareo.
Ricorso troppo frequente
In attesa di ulteriori studi che confermino che il ricorso regolare al parto cesareo potrebbe aver influenzato l’evoluzione della specie umana, gli esperti ricordano che questa pratica è in aumento in Italia e non solo. Secondo l’ultimo Rapporto sull’evento nascita, realizzato dal ministero della Salute nel 2013, in media nel nostro Paese, il 35,5% dei parti avviene con taglio cesareo, dati che evidenziano che vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. Tra i motivi principali, l’aumento dell’età materna, la crescita di malattie legate alla gravidanza e la scarsa informazione delle donne, che spesso pensano (a torto) che il cesareo sia una soluzione più facile o meno dolorosa del parto naturale.
Non è più sicuro del parto naturale
Non ci sono, invece, prove che il cesareo, in assenza di situazioni cliniche che ne giustifichino l’esecuzione, sia più sicuro per la salute della mamma e del neonato rispetto al parto vaginale. Le ricerche dimostrano che la percentuale di danni fetali non si è ridotta aumentando il ricorso ai cesarei: il rischio di paralisi cerebrale o tetraparesi spastica, per esempio, è rimasto invariato (un caso su mille) nonostante l’aumento di parti chirurgici.