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La biometria fetale
Si tratta di un’ecografia con cui si verifica che le dimensioni del feto siano nella norma rispetto all’epoca gestazionale. Consente cioè di vedere se il piccolo ha ricevuto nutrimento a sufficienza. Nel caso non fosse così diventerebbe necessario indurre il parto.
Il monitoraggio del battito cardiaco
È un esame che registra insieme la frequenza cardiaca fetale e la contrattilità dell’utero. Il controllo del ritmo del battito cardiaco permette di rilevare un’eventuale sofferenza del feto e, in questo caso, la necessità di far nascere il bimbo in anticipo. L’esame può essere fatto in due modi: dall’esterno o dall’interno (quest’ultima modalità è possibile solo durante il travaglio). Dall’esterno, l’esame si effettua con il cardiotocografo. La donna viene fatta sdraiare su un lettino e le vengono fissate al pancione, con fasce elastiche, due placche di metallo, collegate a un monitor. Le registrazioni, delle contrazioni da un lato e del battito cardiaco fetale dall’altro, vengono rielaborate dal computer in due tracciati e, dal loro confronto, il ginecologo valuta il benessere del bimbo.
La dopplerflussimetria
Chiamato in termini medici dopplerflussimetria dell’arteria ombelicale, è un’ecografia particolare che consente di verificare le condizioni della circolazione del sangue del feto nel cordone ombelicale, perché è da questo che il piccolo trae il suo nutrimento e attraverso di esso elimina le sostanze di scarto tra cui l’anidride carbonica.
La quantità di liquido amniotico
Con questa ecografia si verifica la quantità di liquido amniotico (tra 500 e 1.500 millilitri) in cui è immerso il piccolo. Quando il bimbo sta bene, cioè riceve il giusto quantitativo di sangue e ossigeno, anche i reni sono ben irrorati dal sangue e, di conseguenza, producono la giusta quantità di urina, che viene rilasciata nel liquido amniotico. Al contrario, se il bambino riceve poco ossigeno, questo viene “mandato” al cuore e al cervello (organi vitali), “risparmiando” sul rene che, di conseguenza produce meno urina. In questo caso, il ginecologo valuta se indurre o meno il travaglio.
Il tampone vaginale
È un esame di laboratorio che analizza le sostanze prodotte dalla vagina con un apposito bastoncino che termina con un piccolo tampone, per accertare l’eventuale presenza in vagina di alcuni batteri che possono dare infezioni locali: in questo caso, ci vorrebbe un altro esame, l’antibiogramma, per stabilire l’antibiotico più adatto a eliminare il batterio responsabile. Viene prescritto a scopo preventivo, perché i batteri eventualmente presenti potrebbero risalire nell’utero e svilupparsi anche al suo interno, creando problemi al feto. Non è un esame di routine, e, anche se prescritto dal medico, richiede il pagamento di un ticket.
L’amnioscopia
Consiste nel controllo del colore del liquido amniotico. Si esegue inserendo in vagina, con uno speculum (un dilatatore), un sottile tubicino che arriva a contatto con il sacco amniotico. Grazie a un sistema di illuminazione, si illumina il sacco e si analizza, attraverso il colore del liquido, lo stato di salute del feto. È un esame ormai poco utilizzato.