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In gravidanza la pressione alta può dare luogo a una malattia, chiamata preeclampsia o gestosi, che riguarda circa cinque gestanti su cento. È una condizione rischiosa perché, se non prontamente affrontata, può evolvere in eclampsia, una forma molto seria che comporta crisi convulsive e rischi per la salute di mamma e bambino, come il parto prematuro o un ritardo nella crescita. Fortunatamente le statistiche dicono che, con controlli regolari e cure specifiche, nella maggior parte dei casi è possibile evitare problemi e complicazioni.
Che cos’è la gestosi o preeclampsia
Con il termine di gestosi gravidica o preeclampsia si definisce una sindrome che può comparire solo in gravidanza a partire dal secondo trimestre e in particolare nel terzo. Si manifesta di solito dopo la 20a settimana di gestazione, più frequentemente negli ultimi mesi, e persiste fino a circa 6 settimane dopo il parto. E’ caratterizzata da ipertensione gestazionale, cioè da un rialzo della pressione arteriosa oltre i valori di 140 mm/Hg (millimetri di mercurio) per la massima e 90 per la minima, associata a proteinuria (presenza di proteine nelle urine), con tendenza agli edemi (gonfiori) diffusi inizialmente agli arti inferiori.
Le cause della gestosi
Le cause della gestosi non sono ancora chiare. Potrebbero entrare in gioco un’alterazione nel patrimonio genetico del feto, un difetto dei vasi sanguigni materni (che anziché dilatarsi per consentire l’afflusso di sangue agli organi del bambino, subiscono una vasocostrizione) o una risposta immunitaria anomala della donna alla gravidanza.
Secondo gli studi più recenti, comunque, le cause della gestosi sono da ricercarsi in una vascolarizzazione difettosa della placenta che si svilupperebbe durante la gravidanza per motivi ancora non del tutto noti. La placenta “danneggiata” libererebbe sostanze “tossiche” (per esempio, la profibrina) che determinerebbero le alterazioni tipiche della gestosi.
Gestosi sintomi
La preeclampsia o gestosi è una condizione caratterizzata da aumento della pressione arteriosa, presenza di proteine nelle urine e alterazioni nelle analisi del sangue, cioè da parametri non a norma che il medico può accertare misurando la pressione e prescrivendo specifici esami di laboratorio. Ecco i segnali da non sottovalutare.
- Ipertensione arteriosa con valori di pressione massima (sistolica) maggiori o uguali a 140 mmHg e di pressione minima (diastolica) superiore a 90 mmHg. Questi valori devono essere riscontrati in due occasioni distinte con un intervallo di almeno quattro ore. In questi casi non si tratta ancora di una ipertensione importante, ma possono verificarsi anche casi più seri caratterizzati da pressione massima uguale o superiore a 160 mmHg e minima superiore a 110. In queste condizioni si parla di ipertensione severa.
- Proteinuria, ossia presenza di proteine (per esempio, albumina) nelle urine, che solitamente dovrebbero essere assenti o presenti in quantità minime. Una proteinuria più elevata può dipendere anche da una cistite, infezione urinaria abbastanza frequente in gravidanza. Se però la cistite viene esclusa, è possibile che il problema sia una spia di pre-eclampsia
- Parametri delle analisi del sangue alterati. Per esempio, si può verificare un abbassamento delle piastrine e di altri fattori della coagulazione. Oppure possono alzarsi gli enzimi del fegato, come le transaminasi e l’Ldh, un enzima presente anche in altri tessuti e coinvolto nella produzione di energia.
Tutti questi segnali sono caratteristici della preeclampsia. Ecco perché durante la gravidanza le donne vengono invitate a effettuare ogni mese l’analisi delle urine con la ricerca delle proteine e perché devono misurare regolarmente la pressione.
Oltre che con valori alterati di pressione, urine e sangue, inizialmente la gestosi può manifestarsi con un gonfiore generalizzato, espressione di un’eccessiva ritenzione di liquidi e di sali, e con un incremento di peso eccessivo. Se non viene individuata in questa fase attraverso gli esami delle urine e del sangue previsti di routine e i controlli dal ginecologo, la gestosi progredisce e i sintomi rischiano di peggiorare.
Se la gestosi non viene controllata, infatti, possono comparire anche alcuni sintomi indicativi della vera e propria eclampsia e che, in quanto tali, vanno tempestivamente riferiti al medico in modo da correre subito ai ripari:
- disturbi che coinvolgono il sistema nervoso centrale, come crisi convulsive, cefalea persistente (che non risponde ai comuni antidolorifici) e problemi della vista (visione sfuocata, effetto “mosche volanti”);
- presenza di edema (gonfiore) alle gambe, alle caviglie, alle mani (non entrano più gli anelli) e al viso; rapido aumento del peso corporeo, non giustificato dall’alimentazione, con ritenzione di liquidi e scarsa produzione di pipì;
- disturbi come nausea e vomito;
- dolore nella parte alta dell’addome (dolore epigastrico, ossia nella zona dello stomaco, sotto le costole);
- eccessivo sanguinamento nei punti dove vengono eseguite iniezioni o prelievi del sangue e possibile comparsa di emolisi (ossia un’importante distruzione dei globuli rossi), che si manifesta con debolezza, vertigini, malessere, pallore;
- malessere generale, affanno, battito cardiaco alterato (tachicardia).
I fattori di rischio
La pre-eclampsia tende a manifestarsi più frequentemente nelle donne che si trovano nelle condizioni seguenti:
- sovrappeso o obesità;
- età avanzata (più di 35-40 anni) o molto giovane (meno di 20 anni);
- famigliarità per la gestosi, perché ne hanno sofferto per esempio la madre o le sorelle;
- comparsa di preeclampsia in precedenti gestazioni;
- stile di vita molto sedentario;
- presenza di ipertensione o di diabete o di malattie dei reni già prima di restare incinte;
- attesa del primo figlio o gravidanza multipla (aspettare due o più gemelli aumenta il rischio di gestosi di oltre 3 volte).
- condizioni di rischio di trombofilia, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, caratterizzata dalla presenza di anticorpi chiamati anti-fosfolipidi o aPl, che compare da sola oppure associata ad altre malattie autoimmuni, come il Lupus eritematoso sistemico. Gli aPl interferiscono con l’attività di cellule e proteine dei vasi sanguigni, causando uno stato pro-infiammatorio e favoriscono la coagulazione del sangue, che può sfociare in trombosi. In questo caso si corre il rischio di essere soggette a preeclampsia in epoca precoce.
Gestosi: le conseguenze per mamma e feto
Trascurare una situazione di pre-eclampsia è molto pericoloso. In caso di dolore addominale, cefalea o disturbi visivi, quindi, occorre sottoporsi immediatamente a un controllo dal proprio ginecologo o presso un Pronto Soccorso ostetrico per scongiurare il rischio di un’emorragia cerebrale materna o di un distacco di placenta. Inoltre la gestosi, se non curata, può causare danni a numerosi organi della donna, fra cui i reni e il fegato. Ma la complicanza più temibile, fortunatamente molto rara, è la eclampsia, che si manifesta nella mamma con contrazioni simili a un attacco epilettico, condizione che richiede l’immediato ricovero in ospedale e la necessità far nascere il bambino al più presto.
Le complicanze più frequenti per il feto, dovute all’insufficiente irrorazione sanguigna della placenta, sono: morte endo-uterina (aborto), ritardo di crescita e rischio di parto prematuro, che viene indotto in caso di serio deficit della funzione della placenta che non permetterebbe più al feto di sopravvivere nell’utero.
Diagnosi sempre più precoce
Per individuare precocemente la gestosi in gravidanza è fondamentale controllare periodicamente la pressione del sangue ed eseguire gli esami delle urine e del sangue. In caso di dubbio, si può eseguire la velocimetria doppler, un’ecografia particolare che permette di valutare il flusso sanguigno nei vasi.
Anche alcuni esami di laboratorio specifici sono in grado di confermare la diagnosi di gestosi, se, per esempio, risulta:
- proteinuria superiore a 300 mg nelle 24 ore;
- aumento della creatinina, della bilirubina e delle transaminasi;
- riduzione delle piastrine.
La ricerca si sta focalizzando sulla messa a punto di test in grado di prevedere il rischio di gestosi prima che si manifestino i sintomi. L’individuazione delle persone predisposte consentirà un controllo più attento e la messa in atto di strategie volte a prevenire l’evoluzione della preeclampsia in eclampsia. Uno studio del Cedars-Sinai Medical Center pubblicato dal New England Journal of Medicine Evidence, per esempio, ha mostrato che, tenendo sotto controllo, con opportuni esami, i livelli nel sangue di alcuni indicatori, il sFlt-1 (tirosin chinasi 1 fms-simile) e il PlGF (fattore di crescita placentare), è possibile stabilire il livello di gravità della preeclampsia, contribuendo a identificare le donne a rischio.
Esiste, inoltre, un nuovo test per la gestosi messo a punto dal Royal Women’s Hospital di Melbourne. Funziona mediante la misurazione di due proteine che vengono rilasciate dalla placenta e si trovano a livelli anormali nelle donne che svilupperanno la gestosi. Nel caso il test sia positivo, si intensifica la vigilanza in modo da avviare in tempo le terapie mediche per evitare problemi alla donna e al bimbo.
Cure per la gestosi in gravidanza
Nella maggioranza dei casi, per tenere sotto conrollo la gestosi sono sufficienti il riposo a letto (poiché gli sforzi fisici fanno aumentare la pressione arteriosa), una alimetazione povera di sale (perché il sale trattiene acqua nei tessuti favorendo i gonfiori e l’aumento di peso) e un attento monitoraggio della pressione arteriosa e della salute del feto.
In alcune situazioni, però, può essere necessario il ricovero in ospedale (dotato di reparto di terapia intensiva neonatale), per la somministrazione di magnesio solfato per via endovenosa, utile per prevenire la comparsa di eclampsia.
Altri farmaci per bocca possono essere associati nel trattamento della preeclampsia: metildopa, beta-bloccanti (soprattutto labetalolo) e calcio-antagonisti per abbassare la pressione, diuretici per favorire la funzionalità renale ed evitare la ritenzione idrica e i gonfiori, anticoagulanti, come l’Aspirina, per favorire la fluidità del sangue.
I farmaci anti-ipertensivi vanno assunti dalla donna con ipertensione cronica già dalle prime settimane di gravidanza o prima ancora. Si può utilizzare il solfato di magnesio per infusione come protezione per il neonato prematuro e per l’azione stabilizzante sulla pressione arteriosa della mamma che riduce il rischio di eventi convulsivi. Le donne più a rischio spesso hanno crisi anche dopo il parto e vanno quindi controllate per un certo periodo dopo la nascita del bebè.
Il parto anticipato
L’eventuale utilizzo delle medicine, tuttavia, viene valutato attentamente caso per caso, in base alla gravità della situazione. Inoltre, i trattamenti sono in grado di tenere sotto controllo la gestosi gravidica solo per brevi periodi: l’unica cura risolutiva è far nascere il bambino il prima possibile, attendendo la sua maturazione fisica o somministrando farmaci (steroidi) che accelerino lo sviluppo dei polmoni. Il sintomo caratteristico dell’eclampsia sono le convulsioni della donna, prima o durante il parto, ma anche dopo (entro 48 ore dalla nascita del bebè). Vengono perciò somministrati ossigeno e farmaci per bloccare le convulsioni. Una volta stabilizzata la situazione, viene indotto il parto o eseguito il taglio cesareo.
La buona notizia è che quasi tutte le mamme guariscono completamente dopo il parto: la pressione arteriosa torna nella norma in tempi rapidi e non ci sono strascichi. Nel periodo successivo alla nascita del bambino, la pressione viene comunque tenuta sotto controllo con periodiche misurazioni (almeno una volta alla settimana per 2 mesi circa). Talvolta, infatti, la pressione elevata può persistere anche per 6 mesi: in questi casi è opportuno anche un controllo delle funzioni renali.
L’ipertensione “da camice bianco”
E’ bene sapere che, mentre nel corso del secondo trimestre la pressione arteriosa tende normalmente a calare, negli ultimi 3 mesi dell’attesa la tendenza si inverte e i livelli cominciano a salire. Un leggero aumento, rilevato sporadicamente, non deve quindi spaventare.
Spesso si tratta di “ipertensione da camice bianco”, dovuta all’ansia e al nervosismo causati dall’incontro con il ginecologo. Le visite sono spesso fonte di preoccupazione per le future mamme, in trepidazione per la salute del bambino, e uno stato emotivo alterato può provocare oscillazioni pressorie. In questi casi sono sufficienti alcuni esercizi di rilassamento e un po’ di riposo per tornare ai livelli di normalità.
Utile imparare a rilassarsi
Se si avvertono i sintomi di un aumento pressorio (improvviso mal di testa, sensazione di fischi all’orecchio, vista offuscata), la prima cosa da fare è calmarsi. L’agitazione, infatti, non fa che peggiorare le cose, perché asseconda l’azione dell’adrenalina entrata rapidamente in circolo nel sangue. L’ideale è sistemarsi in un ambiente caldo e rilassante (basta sdraiarsi sul divano con una coperta, fare un bagno caldo o, se ci si trova all’aperto, mettersi un po’ al sole), in quanto il calore dilata i vasi sanguigni, abbassando la pressione. Fare respiri lunghi e profondi e concentrarsi su immagini e pensieri positivi contribuisce ad allentare la tensione e indurre uno stato di relax. Anche un tè deteinato, una camomilla o una tisana di erbe come valeriana o melissa, che hanno un effetto sedativo, possono essere d’aiuto.
Come evitare la gestosi in gravidanza
Cercare di prevenire la preeclampsia è possibile. Ecco alcuni suggerimenti utili:
- misurare regolarmente la pressione, almeno una volta alla settimana (soprattutto nel terzo trimestre). Ci si può recare in farmacia, oppure acquistare o noleggiare uno sfigmomanometro elettronico per la rilevazione domestica (anche se i livelli misurati a casa potrebbero essere più bassi rispetto a quelli riscontrati dal farmacista o dal medico);
- effettuare l’esame delle urine e le analisi del sangue mirate negli intervalli di tempo raccomandati dal ginecologo;
- seguire un’alimentazione corretta. Alcune ricerche hanno dimostrato che un adeguato apporto di cibi ricchi di vitamine e minerali (come la frutta e la verdura) può ridurre le probabilità di pericolosi innalzamenti pressori. È importante bere molto per stimolare la funzionalità renale, ma anche ridurre il sale (perché trattiene acqua favorendo i gonfiori) ed evitare il fumo, che ha un effetto vasocostrittore. Anche la liquirizia, se consumata in eccesso, può essere nociva perché alza la pressione;
- tenere sotto controllo il peso sia prima della gravidanza sia durante, evitando di assumere troppe calorie. Vanno preferiti alimenti sazianti come ortaggi, frutta, cereali integrali, carni magre, pesce. Si devono limitare o, meglio ancora, eliminare, gli zuccheri e i cibi grassi. In caso di difficoltà si può chiedere al medico che predisponga uno schema dietetico appropriato;
- praticare attività fisica prima della gestazione, sempre per ridurre il peso. Se poi durante i nove mesi di gravidanza la donna sta bene, è opportuno praticare un po’ di moto, come passeggiate, cyclette, ginnastica dolce, corsi di nuoto per gestanti;
- curare i denti: anche se non è certo che la malattia parodontale sia causa di gestosi, è dimostrato che le future mamme con problemi alle gengive hanno un rischio doppio di sviluppare questa problematica rispetto alle donne con una bocca sana. L’ipotesi è che l’infezione gengivale arrivi alla placenta, compromettendone le funzioni. Per ridurre il rischio di infiammazioni, è sufficiente lavarsi i denti dopo ogni pasto e sottoporsi ad almeno una seduta di igiene dentale dal dentista durante i 9 mesi (la placca non favorisce solo la formazione di carie, ma tende a peggiorare i disturbi gengivali).
- se si è già sofferto di preeclampsia in precedenti gravidanze, seguire – su indicazione del ginecologo – una profilassi con Cardioaspirina ed effettuare un esame ecografico tra l’11a e la 14a settimana di gravidanza.