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Il termine asma deriva dal greco antico e significa letteralmente “respirazione difficoltosa” o “affannosa”. Infatti, quando si verifica un attacco di asma, la muscolatura dei bronchi si restringe e la secrezione bronchiale aumenta: il risultato è che il flusso d’aria è ostacolato e si fa fatica a respirare. In genere, la malattia è caratterizzata da attacchi sporadici, intervallati a momenti di benessere. Tuttavia, i polmoni di chi soffre di asma sono soggetti a uno stato di infiammazione perenne che li rende sempre più suscettibili agli agenti esterni e modifica la struttura dei bronchi. Ecco come curare l’asma in gravidanza.
Che tipi di asma ci sono?
L’asma può essere di due tipi: allergico o non allergico:
- nel primo caso, l’attacco scatenato da sostanze verso cui la persona è sensibile, i cosiddetti “allergeni”, come i pollini o gli acari. Questo tipo di asma è caratterizzato da un coinvolgimento del sistema immunitario e dalla produzione di anticorpi e, in genere, compare già nell’infanzia;
- nel secondo caso, la crisi respiratoria può essere provocata da tanti fattori diversi, come un’infezione alle vie respiratorie, uno sforzo fisico, un repentino cambiamento di temperatura, una risata molto forte, odori molto intensi, esposizione ad agenti irritativi (fumo, smog o sostanze chimice). Spesso, esiste anche una predisposizione naturale di base a un’iper-reattività dei bronchi. Questo tipo di asma solitamente esordisce in età adulta e non si associa a produzione di specifici anticorpi.
Come riconoscere la tosse da asma?
In tutti i casi, la crisi di asma si presenta in modo caratteristico. Il sintomo più comune è rappresentato dall’improvvisa difficoltà a respirare, accompagnata da tosse e da sibili. Durante un attacco asmatico la muscolatura dei bronchi si restringe, per cui passa meno aria. Di conseguenza, l’organismo aumenta il ritmo delle respirazioni, cercando di incamerare quanta più aria possibile. Questo si traduce proprio in affanno e mancanza d’aria.
Che cosa succede con l’asma in gravidanza?
L’organismo della donna in gravidanza va incontro a grandi modificazioni a causa di vari fattori, fra cui le fluttuazioni ormonali, i continui scambi con il feto e l’ingrossamento dell’utero. Tra i vari organi, anche i polmoni e i bronchi possono subire delle conseguenze. Basti pensare all’aumento del peso e alla compressione esercitata dall’utero, che già da soli possono rendere la respirazione più difficoltosa, lasciando la donna affaticata e senza fiato. Ciò non significa però che, se la gestante soffriva di asma preesistente, le sue condizioni siano destinate necessariamente a peggiorare. In genere, nel corso dei nove mesi, in un terzo dei casi l’asma peggiora, in un altro terzo rimane invariato e nel restante terzo migliora.
Durante la gravidanza è molto importante tenere l’asma sotto controllo. Nel caso in cui i sintomi peggiorino, infatti, non solo la donna sta male, ma anche il bimbo nel pancione corre dei pericoli. In pratica, se la futura mamma ha difficoltà a respirare, il flusso di ossigeno diretto al feto può diminuire e se l’apporto di ossigeno che arriva al nascituro è ridotto, il suo sviluppo potrebbe essere ostacolato. Non a caso il peggioramento dell’asma in gravidanza è associato a scarsa crescita fetale e a basso peso del neonato. Se poi l’asma peggiora aumenta il rischio di preeclampsia (gestosi) e di parto pretermine.
Proprio perché l’andamento dell’asma, la frequenza e l’intensità delle crisi durante i nove mesi sono imprevedibili, è importante che la futura mamma si sottoponga a controlli regolari e più ravvicinati del solito: le Linee guida suggeriscono una visita ogni quattro-sei settimane, in modo da poter seguire al meglio i repentini cambiamenti cui l’organismo va incontro durante la gravidanza. Nel caso in cui la donna sia soggetta a una riacutizzazione dei sintomi, è bene programmare una visita di controllo entro una settimana.
Cosa prendere per l’asma in gravidanza?
È difficile prevedere in che modo evolverà l’asma durante la gravidanza. In linea di massima, però, un peggioramento è molto probabile in chi soffriva di forme serie già prima del concepimento. Anche interrompere bruscamente la cura abituale può determinare un aggravamento dei sintomi. Purtroppo, però, la maggior parte delle gestanti è restia a utilizzare i farmaci anti-asma durante i nove mesi perché è convinta che possano nuocere al bebè. In realtà, molti di quelli impiegati sono innocui per la salute del bambino e, soprattutto, i loro benefici superano i possibili effetti collaterali. Insomma, è molto peggio interrompere il trattamento (sia per la donna sia per il feto) piuttosto che continuarlo.
I dati a oggi disponibili dimostrano che i farmaci usati comunemente per il trattamento dell’asma sono sicuri in gravidanza. Si tratta degli agonisti β-adrenergici (per esempio salbutamolo, salmeterolo, terbutalina e formoterolo) e dei corticosteroidi inalatori (fluticasone, beclometasone, budesonide, uticasone e mometasone). Per quanto riguarda gli antagonisti dei leucotrieni o l’immunoterapia allergene specifica, se la donna è già in cura, in genere può proseguire anche in gravidanza. Al contrario, viceversa si preferisce non iniziarne l’impiego proprio durante la gestazione.
In ogni caso se la donna segue correttamente il trattamento abituale o la cura ritarata dal medico in relazione alla gravidanza e si attiene alle indicazioni dello specialista, il rischio che l’asma peggiori è molto basso. In linea di massima, le donne che presentano sintomi asmatici sporadici o di breve durata non hanno bisogno di una terapia quotidiana. Per quelle, invece, che soffrono di crisi più serie, spetta al medico stabilire il tipo di cura (di solito a base di corticosteroidi o beta2-agonisti), il dosaggio e la durata.
La corretta strategia consiste nell’assumere regolarmente la terapia prescritta (seguendo l’appropriata tecnica di inalazione ) proprio per prevenire gli attacchi acuti. In caso comunque di una crisi improvvisa bisogna intervenire subito anche con gli steroidi per via generale (di solito, compresse), per periodi limitati al minimo e sotto controllo del medico, onde evitare conseguenze sulla salute della donna e del suo bambino.
Fonti / Bibliografia
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