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Quale tinta fare in gravidanza? E se si decide per il colore, meglio non farlo nel primo trimestre e aspettare il secondo? Ecco alcune delle tante domande delle donne durante l’attesa. Se è un sacrosanto diritto delle donne sentirsi e vedersi belle in gravidanza, anche giocando con il colore dei capelli e coprendo quelli bianchi se ci sono, resta di fatto che la sicurezza di mamma e bebè rappresenta una priorità. Vediamo quindi insieme innanzitutto se è opportuno fare la tinta in gravidanza, quando è preferibile procedere, se è migliore una tinta senza ammoniaca, quali sono le marche ideali e anche le possibili alternative.
Quali sono i rischi?
Anche se è naturale avere dubbi sulla tinta in gravidanza, bisogna innanzitutto partire dal fatto che non esiste un vero e proprio divieto all’uso del colore in attesa. Quello che occorre subito chiarire, infatti, è che tingersi i capelli non comporta nessun rischio per il bebè. Non esistono infatti più in commercio tinte che contengano sostanze potenzialmente tossiche per il feto. «La questione riguarda quindi solo ed esclusivamente la madre e va ricordato che in gravidanza la prudenza è sicuramente opportuna» spiega il professor Leonardo Celleno, dermatologo e presidente Aideco, Associazione italiana dermatologia e cosmetologia. «In un momento particolarmente delicato come la gravidanza caratterizzato da fluttuazioni ormonali che possono portare a una maggior sensibilità e a risposte inattese anche ai prodotti cosmetici da sempre utilizzati, è proprio la prudenza a suggerire di non ricorrere alle tinture chimiche e lo stesso si può dire anche per la fase dell’allattamento». Gli ingredienti ammessi in cosmetica sono accuratamente selezionati e controllati perché siano sicuri: la legge offre quindi una valida tutela a chiunque ne faccia uso. «Ma non va mai dimenticato» continua l’esperto «che qualsiasi cosmetico può provocare una reazione irritativa o allergica, sempre e a maggior ragione in una fase delicata come quella dell’attesa dove la sensibilità dell’organismo è massima». Nel caso della tinta va tenuto presente poi che il processo di colorazione implica la necessaria presenza nelle tinture a base chimica di sostanze che per loro stessa natura possono essere irritanti per le cuti più sensibili. Non a caso si consiglia sempre prima dell’impiego di una tinta, a casa come dal parrucchiere, di fare un test preventivo che consiste nell’applicare in una zona delicata, come ad esempio all’interno del polso, una minima dose di tintura; se dopo 24 ore non compaiono segni di qualsiasi tipo sull’area interessata si può procedere alla colorazione. Questo testimonia che le tinte a base chimica, cosiddette ad ossidazione, sono prodotti potenzialmente irritanti e che risulta quindi opportuno evitare in gravidanza.
Tinta in gravidanza senza ammoniaca
Si tende a pensare che la componente più dannosa presente nelle tinte sia l’ammoniaca anche per via del suo odore pungente e molto sgradevole. Non a caso molti marchi cosmetici hanno deciso quindi di eliminarla dalle loro formule coloranti. In realtà l’ammoniaca produce per lo più un danno estetico: apre infatti le squame di rivestimento del capello perché i pigmenti possano penetrare e rischia quindi impoverire il capello nella sua naturale struttura protettiva rendendolo più arido, fragile e facile alla rottura. Va quindi evitata a prescindere, e soprattutto in allattamento quando il capello risente delle variazioni ormonali che lo indeboliscono. Quando si parla di possibili reazioni irritative e allergiche, che, come abbiamo visto, possono essere più frequenti in gravidanza, la sostanza maggiormente incriminata in questa direzione è la parafenilendiammina, non un vero e proprio pigmento ma un componente che viene impiegato nelle tinture ad ossidazione per sviluppare il colore. Se in passato nella produzione delle colorazioni non si prestava particolare attenzione alla quantità di parafenilendiammina presente in formula, oggi il quantitativo viene ridotto al minimo necessario, restando sempre limiti previsti dalla severa normativa europea in materia. Questo comunque non esclude che soggetti predisposti possano sviluppare reazioni irritative e allergiche a questa sostanza che si manifestano sotto forma di bruciori, arrossamenti, sensazioni di pizzicore fino a manifestazioni più severe. Questa possibilità, come visto, aumenta in gravidanza soprattutto nel primo trimestre, fase in cui l’organismo deve fare i conti con un assetto del tutto nuovo e può risultare quindi più fragile. Questo suggerisce che sarebbe opportuno evitare la tinta nel primo trimestre. Meglio quindi rimandare al secondo trimestre avendo però cura di scegliere una tinta adatta all’uso in gravidanza. «In ogni caso prima di usare qualunque prodotto cosmetico in attesa il consiglio è quello di chiedere il parere del ginecologo, del dermatologo o del medico di fiducia» precisa il professor Celleno.
Quali marche usare per fare la tinta in gravidanza?
Se si decide quindi di fare la tinta per ravvivare i riflessi, coprire qualche primo capello bianco o semplicemente per assecondare il desiderio di vedersi diverse allo specchio, è bene procedere in ogni caso dal secondo trimestre in poi e scegliere formulazioni coloranti appositamente messe a punto per rispettare al massimo i capelli e il cuoio capelluto minimizzando i rischi di reazioni. È il caso delle tinture Sanotint che nella versione Sensitive escludono la presenza non solo dell’ammoniaca ma anche della parafenilendiammina. Così come le tinte della linea Capelvenere di Helan, quelle di BioNike nella versione Hight Sensitivity Plus e quelle di Euphidra.
Ci sono poi tutte le tinte esclusivamente a base di erbe tintorie, polveri coloranti vegetali di cui la più conosciuta è l’hennè rosso, ricavato dall’arbusto lawsonia inermis, che regala ai capelli sfumature rosso rame. «C’è un intero patrimonio di erbe, piante e semi e radici che già i Maya e gli Egizi riducevano in polvere e utilizzavano per colorare i capelli» spiega Michele Rinaldi, esperto nella colorazione vegetale e titolare del salone Spa per capelli a Senago. «Le più note sono la camomilla che dà riflessi di un biondo caldo e il mallo di noce ma ce ne sono molte altre meno conosciute come la robbia, il sandalo rosso, l’arancio e il campeggio, un’erba dell’America Centrale chiamata anche “sangue del diavolo” proprio perché la sua capacità di regalare sfumature ramate. Aiutano a dare luce e intensità al biondo il rizoma della curcuma, il rabarbaro, la frangula, il crespino mentre il frassino esalta il castano e il karkadè dà ai capelli una nota sul viola». Ideale in gravidanza sarebbe affidarsi a un parrucchiere che abbia conoscenza delle erbe tintorie che non sono esenti, come qualunque altra sostanza, da un possibile rischio di reazioni irritative e allergiche soprattutto nel primo trimestre. Per le tinte fai da te sono disponibili comunque tinte a base di polveri tintorie vegetali come la linea 100% Vegetal di Schwarzkopf, Color Herbalia di Garnier, l’Henné di Naturaverde in sette sfumature e le miscele di Phitofilos. Ci sono poi le maschere riflessanti come quelle di Maria Nila e i gel riflessanti de L’Erbolario che funzionano quando si vuole semplicemente dare una rinfrescatina al colore.
Tinta in gravidanza: precauzioni a casa
Quando si decide di colorare i capelli a casa, è bene adottare alcune precauzioni che valgono sempre, e a maggior ragione se si è in attesa.
- Meglio se possibile, tenere aperte le finestre in modo che l’odore, sicuramente meno intenso nelle tinte vegetali ma comunque presente, possa infastidire. Le donne in gravidanza, infatti, presentano una maggior sensibilità agli odori.
- Nella fase di preparazione e applicazione della tinta è sempre bene usare i guanti in genere presenti nella confezione delle tinte.
- Mettere una buona dose di una crema ricca sulla fronte all’attaccatura dei capelli evita non solo di macchiare la pelle ma anche di scongiurare possibili reazioni da contatto in un’area delicata come il viso.
- Il tempo di posa va sempre rispettato scrupolosamente: tenere la tinta più del dovuto non è garanzia di un colore più intenso. Al contrario può provocare antiestetici viraggi di tono nonché esporre il cuoio capelluto a un maggior rischio di irritazioni.
- Al termine del tempo di posa è importante procedere a un lavaggio molto accurato con acqua tiepida per eliminare qualsiasi traccia di colore che non solo può macchiare ma anche irritare restando troppo a lungo a contatto con la testa.
- Per preservare il più a lungo possibile la brillantezza e l’intensità del colore evitando di doverlo ripetere troppo spesso è importante usare per la cura prodotti specifici per i capelli tinti. «Dopo ogni shampoo serve un balsamo o una maschera nutriente e restitutiva per apportare idratazione e mantenere ben compatte le squame del capello in modo che la luce riflettendosi faccia apparire vivo e lucente il colore» spiega Rinaldi.
- Attenzione a non esagerare con la temperatura dell’acqua durante il lavaggio. «Meglio anche usare il phon a temperatura minima e limitare al minimo l’uso della piastra: il calore intenso e diretto inaridisce il capello e sbiadisce la tinta» conclude Rinaldi.