Una maestra di una scuola primaria di Andria è stata giorni fa arrestata e messa ai domiciliari. Aveva il vezzo di mantenere la disciplina in classe a suon di sberle, sgridate, urli e minacce di vario genere.
Poche settimane prima un’altra insegnante della primaria, questa volta in un paese in provincia di Reggio Calabria, è stata sospesa dall’incarico e interdetta per un anno a causa dei ripetuti maltrattamenti (botte, insulti e altro) attuati sugli alunni.
Due casi recenti, sporadici si spera, ma emblematici di un modo di pensare e di agire saldamente radicato nel passato, che continua subdolamente a serpeggiare tra chi si occupa di bambini e a essere considerato valido ed efficace ai fini educativi.
Fortunatamente nessuno si sognerebbe di approvare un simile metodo correttivo da parte di qualsiasi insegnante, ma sono ancora parecchi i genitori che considerano benefico, o per lo meno accettabile, il cosiddetto “schiaffo educativo”.
Certo, è facile pensare che un ceffone o una pacca possano sempre scappare di mano, soprattutto quando siamo esasperati dal reiterato comportamento ribelle di nostro figlio, dal suo atteggiamento di sfida e di provocazione, ma allora vuol dire che è già troppo tardi, che siamo già diventati impotenti, che la sberla è partita perché abbiamo perso la pazienza e non sapevamo più che cosa fare per tenere testa al piccolo tiranno…
Uno schiaffo, pensiamoci un attimo, anche se involontario, non può essere a fin di bene, mai. Perché è comunque una forma di violenza e con la violenza si ottiene solo (e non sempre) l’ubbidienza coatta nell’immediato, ma non si educa a un comportamento autonomo civile e corretto, non si aiuta il bambino di oggi ad autoplasmarsi nell’adulto di domani.
I genitori sono per il piccolo un modello a tutti gli effetti: se la loro reazione è violenta (non solo in senso fisico ma anche verbale, tipo minacce e grida), il figlio sarà portato a pensare che la violenza sia necessaria per ottenere ciò che si vuole e farà lo stesso a sua volta. Le botte e le scenate sono in realtà l’espressione finale dell’impotenza, del fallimento correttivo.
La vera educazione si fonda sull’ascolto e la vicinanza affettiva, sul dialogo e la condivisione, sulla coerenza e la non-contraddizione, sulla necessità di fissare dei limiti e di rispettarli, sul buon esempio… E’ molto difficile, ma non impossibile. Non a caso il mestiere di genitore (e di educatore in genere) è il più arduo che ci sia.