La notizia dell’introduzione nelle scuole della dieta vegana è stata data alle famiglie direttamente dal Comune attraverso una mail di aggiornamento. Per poter usufruire del nuovo servizio di refezione scolastica, i genitori dovranno sottoscrivere entrambi il modulo di richiesta e corredarlo del nullaosta del pediatra o del medico di medicina generale che segue il piccolo.
L’iniziativa va ad aggiungersi ad altre già in atto, che prevedono la possibilità di diete personalizzate per motivi di salute del bambino o per esigenze religiose o culturali, quindi nulla di strano, anzi, una ulteriore dimostrazione di rispetto per le convinzioni e la libertà di pensiero dei cittadini.
Il veganismo, spiega il Comune, è una filosofia di vita che prevede la scelta di evitare, nei limiti del possibile, “l’utilizzo e il consumo di prodotti che derivino dallo sfruttamento o dall’uccisione di animali”. Nella scelta vegana, oltre alle ragioni di tipo etico, si aggiungono quelle salutistiche date, per esempio, “dalla crescente preoccupazione per l’uso sempre maggiore di antibiotici e di altri farmaci negli allevamenti e per la correlazione che viene sempre più a evidenziarsi” tra il consumo di carne (specie quella rossa) e alcune malattie.
Tutte considerazioni più che valide, soprattutto alla luce del recente allarme lanciato dalla Iarc, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, a proposito delle carni rosse e di quelle lavorate in particolare.
Ma attenzione: un conto è ridurre il consumo di carne o, al limite, eliminarlo del tutto e un conto è escludere tutti i cibi di origine animale, soprattutto in una fase delicata della crescita come quella di un bimbo fra i 3 e i 6 anni.
La classica dieta vegetariana prevede l’eliminazione di carne e pesce, ma ammette il consumo di tutti gli altri alimenti animali, come uova, latte e formaggi. Se un bambino segue questo tipo di dieta non rischia di andare incontro a carenze alimentari.
Ma la dieta vegana li esclude tutti, compreso il miele delle api. È vero che dal punto di vista proteico è possibile ovviare alle carenze associando le proteine vegetali dei legumi a quelle complementari dei cereali, ma il rischio di carenze sussiste comunque per quanto riguarda la vitamina B12 (presente solo negli alimenti animali) e, sia pure in parte, lo zinco e il ferro (presenti entrambi anche nei vegetali, ma in misura molto minore e meno assimilabile).
Questo significa che, per esorcizzare brutte sorprese, bisognerebbe iniziare a dare al bimbo fin da piccolo tutta una serie di integratori specifici, volti a tamponare i vuoti alimentari. Ne vale davvero la pena?