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Gli esperti sono tutti d’accordo: fino all’inizio dello svezzamento al bebè non serve acqua o altri liquidi. Soprattutto se il piccolo è allattato al seno. Dopo il sesto mese e fino ai 3 anni si raccomandano dai 600 ai 900 ml di acqua al giorno, tenendo sempre presente, “che la quantità e la qualità dell’acqua assunta dal bambino dipendono non solo dall’età, ma anche da condizioni di salute, dal regime alimentare e dal clima” come fa notare Alessandro Zanasi dell’Osservatorio Sanpellegrino e membro della International Stockholm Water Foundation.
Bisogno di acqua 7 volte maggiore
A partire dallo svezzamento è, dunque, possibile iniziare a offrire acqua al neonato, “preferibilmente minimamente mineralizzata (residuo fisso < 50 mg/L) e oligominerale (residuo fisso tra 50 e 500 mg/L) con contenuto di nitrati ≤ 10 mg/L. “Trattandosi di una fase delicata della crescita – prosegue Zanasi – il fabbisogno d’acqua nell’organismo dei più piccoli è in proporzione sette volte maggiore a quello di un adulto”.
I campanelli d’allarme
In ogni caso bisogna fare attenzione a eventuali campanelli d’allarme che possono indicare che il bambino non è adeguatamente idratato: il piccolo presenta sonnolenza, ha le mucose secche, manifesta un avvallamento della fontanella o ha il pannolino troppo asciutto.
L’importanza delle buone abitudini
L’acqua, quindi, va introdotta con lo svezzamento. Idealmente intorno al sesto mese di vita, insieme ad altri cibi. “Lo svezzamento, ovvero il periodo in cui vengono introdotti per la prima volta cibi diversi dal latte – spiega Giuseppe Di Mauro, presidente SIPPS, Società italiana di pediatria preventiva e sociale, e membro dell’Osservatorio Sanpellegrino – rappresenta una tappa fondamentale per la crescita: è proprio in questo periodo che vanno introdotte tutte quelle corrette abitudini alimentari che indirizzeranno il bambino verso uno stile di vita sano anche da adulto”.