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La rabbia che esprimono i bambini è un’importante tappa evolutiva, ma è importante che imparino a gestirla nel modo giusto. Eppure, fanno notare gli esperti, sono in aumento le situazioni in cui questo sentimento viene represso. Per capire dove passa il confine tra ciò che è normale e ciò che non lo è attivo il progetto “La rabbia che non si vede” un sistema di misurazione dell’aggressività nei minori, realizzato dalla Fondazione Policlinico universitario Gemelli.
Test per misurare l’aggressività
Il progetto, che durerà due anni, consiste nel rilevare indicatori precoci di rabbia nei bambini attraverso test che misurano l’aggressività con una serie di questionari differenziati per fasce di età. Dalle risposte potranno emergere diversi gradi di rischio di sviluppare psicopatologie, come isolamento sociale, cyberbullismo, tossicodipendenze.
Importante la presenza dei genitori
Secondo lo psichiatra Federico Tonioni, responsabile del progetto, esiste una rabbia nei bambini distruttiva e pericolosa, perché compromette l’autostima e la capacità di credere in se stessi. Ma c’è anche una sana forma di aggressività che promuove invece la crescita, quell’istinto grazie al quale i bambini apprendono dall’esperienza ed esplorano l’ambiente. Questa spinta irrefrenabile è la stessa che induce, per esempio, un bambino a camminare o un adolescente a uscire di casa per la prima volta da solo. I genitori però hanno il compito di accompagnarla con la loro presenza. Tutte le volte che un bambino fa una cosa per la prima volta, la fa con grande serietà e intensità emotiva, e immediatamente cerca la presenza di un adulto, che non deve necessariamente intervenire, ma essere presente. Se ciò non accade, l’istinto a crescere non diventa esperienza e viene trattenuto dentro, trasformandosi in rabbia nei bambini. E quella che non si vede può avere un ruolo decisivo anche nei disturbi dell’apprendimento.