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Finalmente anche l’Italia ha la sua legge in materia di autismo. Per la prima volta questa malattia, che sta raggiungendo livelli di incidenza sempre più elevati nel mondo occidentale, tanto da far parlare di “epidemia di autismo”, è stata regolamentata ufficialmente. In particolare, sono state approvate le “Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”. Sei articoli di una legge che è una dichiarazione di intenti importante.
Tutelare la salute
Il primo articolo della legge ne chiarisce le finalità. Cioè l’intento di realizzare interventi mirati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l’inserimento nella vita sociale delle persone affette da autismo. Gli articoli successivi, poi, definiscono meglio i contorni dell’intervento legislativo e operativo previsto. Innanzitutto, la necessità di un aggiornamento costante, ogni tre anni, da parte dell’Istituto superiore di sanità, delle linee guida in materia di autismo, in base sia all’età dei soggetti colpiti sia soprattutto dei progressi della medicina e della scienza in materia. In secondo luogo, la definizione delle politiche regionali da attuare e correggere, con l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza – inserendovi di diritto le prestazioni per la diagnosi precoce, la cura e il trattamento personalizzato nei casi di autismo; la garanzia per tutti i cittadini affetti da autismo di usufruire di percorsi terapeutici ad hoc; la formazione di personale specializzato; la garanzia di strutture dedicate.
L’obbligo di ricerca
Il tutto senza dimenticare l’importanza della ricerca. La ricerca, sia biologica sia genetica, infatti, diventa un obbligo stabilito per legge per migliorare le conoscenze in tema di autismo.
Molti dubbi
Nonostante la legge vada a colmare un vuoto legislativo importante, non tutti sono soddisfatti. “Questa legge non cambierà nulla e non aiuterà chi si confronta ogni giorno con i disturbi dello spettro autistico perché è troppo generica: non specifica e non aggiunge nulla a quanto già previsto oggi, considerata anche l’invarianza dei costi” ha commentato Roberto Speziale, presidente nazionale dell’Anffas (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale).