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È una delle malattie più studiate degli ultimi anni. Del resto, i casi diagnosticati di autismo sembrano in aumento, ma ancora non si sa il perché. Questo disturbo, infatti, per certi versi è ancora sconosciuto, soprattutto per quanto riguarda le cause e i meccanismi di sviluppo. Un recente studio condotto in laboratorio ipotizza un legame con modifiche cerebrali ben precise.
Lo studio in laboratorio
La ricerca è stata condotta da un team di ricercatori americani della Columbia University Medical Center e pubblicata sulla rivista Neuron. Ha riguardato due gruppi di topi: uno era costituito da animali sani, mentre l’altro da animali affetti da autismo. Gli autori hanno analizzato il cervello dei due gruppi di topi, per capire se vi fossero delle differenze.
Il cervello è risultato troppo “affollato”
Dall’analisi dei risultati è emerso che nei topi con autismo, rispetto a quelli sani, si verifica un’iperattività della proteina denominata mTOR. Si tratta di una proteina che svolge diversi compiti, fra cui la regolazione della crescita e della sopravvivenza cellulare. Ebbene, si è visto che quando la proteina mTOR è iperattiva le cellule cerebrali non sono più in grado di “tagliare” le sinapsi cerebrali in eccesso. Le sinapsi sono i punti di connessione e comunicazione fra i neuroni, le cellule cerebrali. Sono, dunque, elementi fondamentali. Ma solo se non superano un determinato numero. Altrimenti, possono indebolire la comunicazione e compromettere lo sviluppo del cervello.
Testato un farmaco
In un secondo momento, gli autori hanno somministrato ai topi malati la rapamicina, un farmaco in grado di inibire le proteine mTOR. A distanza di poco tempo, si è osservato che nel cervello dei topi con autismo si è ripristinato un normale processo di “potatura” delle sinapsi in eccesso. Non solo. Si è anche scoperto che i comportamenti autistico-simili sono diventati reversibili.
Si potrà trovare una cura?
Di qui la speranza di trovare dei trattamenti per l’autismo. “Il fatto che possiamo ravvisare cambiamenti nel comportamento suggerisce che l’autismo può essere ancora curabile dopo che è stato diagnosticato al bambino, se riusciamo a trovare un farmaco migliore” hanno spiegato gli autori dello studio. È importante, però, non cedere a facili entusiasmi. “Questa interessante ricerca potrebbe aiutare a sviluppare la nostra comprensione delle complesse differenze cerebrali che esistono tra le persone con autismo e quelli che non hanno tale condizione. Tuttavia, l’idea che un farmaco potrebbe essere sviluppato per trattare l’autismo deve essere valutata con cautela” ha controbattuto Carol Povey, direttore del Centro per l’Autismo della National Autistic Society.