Ma come funziona (davvero) la pillola dei 5 giorni dopo?

Dottor Claudio Ivan Brambilla A cura di Claudio Ivan Brambilla - Dottore specialista in Ginecologia Pubblicato il 24/03/2018 Aggiornato il 01/08/2018

La pillola dei 5 giorni dopo (principio attivo Ulipristal acetato) agisce prevalentemente impedendo l'annidamento dell'embrione nella cavità uterina e non ritardando l'ovulazione, come invece ufficialmente viene affermato. Un ricercatore italiano, della Clinica Ginecologica dell'Università di Padova, spiega perché.

Una domanda di: Ada
Buona sera dottor Brambilla,
le scrivo perchè ho letto la sua risposta alla lettrice Gloria sulla pillola dei 5 giorni dopo (ellaOne) e ho bisogno di un chiarimento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs244/en, ha dichiarato che le pillole del giorno dopo (quindi sia la vecchia che la nuova che lei suggerisce) agiscono solo spostando o posticipando l’ovulazione. Mentre lei scrive che la nuova interviene anche “modificando l’utero e rendendolo inospitale per l’impianto dell’eventuale ovulo fecondato”. Allora mi è venuto un dubbio e vorrei capire se ha ragione lei o l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Grazie per il tempo che vorrà dedicare alla mia domanda.
Claudio Ivan Brambilla
Claudio Ivan Brambilla

Cara signora,
la ringrazio per la domanda perché la sua richiesta di precisazioni sul meccanismo d’azione di ellaOne (Ulipristal acetato, UPA 30 milligrammi) mi dà modo di coinvolgere un collega, il professor Bruno Mozzànega della Clinica Ginecologica dell’Università di Padova che, insieme ad altri studiosi, ha fatto dell’argomento un nodo centrale della sua attività scientifica di ricerca, validata a livello internazionale. Un suo studio sul meccanismo d’azione della “pillola dei 5 giorni dopo”, realizzato in collaborazione con altri due autori, tra cui il professor Giovanni Battista Nardelli, direttore della medesima Clinica, è stato infatti pubblicato dalla rivista scientifica Trends in Pharmacological Sciences . Cedo, dunque, la parola al professor Bruno Mozzànega.

Grazie al dott. Brambilla e grazie a lei, signora Ada, che pone un problema cruciale: si può discutere quel che proclama l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità)?
Le dedicherò molto tempo e mi scuserà se la risposta sarà lunga, ma il problema posto è molto molto importante.
I dati che offrirò a Lei e ai Lettori sono gli stessi che ho presentato lo scorso 9 marzo a Firenze, in qualità di esperto, al convegno mondiale di Endocrinologia Ginecologica ISGE 2018. Essi sono ancor più compiutamente pubblicati nel sito della Società Italiana Procreazione Responsabile, che presiedo, al link: https://www.sipre.eu/language/it/ .
Vengo al dunque:
innanzitutto la pillola dei 5 giorni dopo, così chiamata in quanto efficace se assunta fino a 5 giorni dopo il rapporto sessuale non protetto, è indicata dall’azienda produttrice quando il rapporto sessuale non protetto è avvenuto nel periodo fertile, che viene segnalato dalla presenza di muco cervicale filante (muco a chiara d’uovo). In realtà, invece accade che ellaOne venga assunta indiscriminatamente, in qualunque fase del ciclo, anche perché molte donne hanno scarsa conoscenza del proprio periodo fertile e di come individuarlo.
La premessa è, quindi, che il farmaco venga assunto dopo un rapporto sessuale non protetto, avvenuto nel periodo fertile del ciclo, cioè quando il muco cervicale filante consente l’accesso degli spermatozoi. E’ noto che i primi spermatozoi raggiungono la tuba in circa un minuto e mezzo. Nessun farmaco del giorno dopo potrà invertirne la rotta o interromperne l’ascesa. Questi spermatozoi soggiorneranno nella tuba in attesa dell’uovo, la cui liberazione è ormai imminente.
La comparsa clinica di una gravidanza (cioè la possibilità di rilevare la presenza dell’embrione attraverso il dosaggio della gonadotropina corionica umana, hCG) potrà essere evitata in due modi: o prevenendo in extremis l’ovulazione, e quindi impedendo il concepimento, oppure impedendo che il figlio concepito si annidi nell’utero materno. E’ evidente che queste due modalità sono estremamente diverse fra loro.
Cosa dice la letteratura medica?
Sappiamo tutti che il progesterone è l’ormone pro-gestazione, che prepara l’organismo materno alla gravidanza, a partire dal rendere l’utero ospitale per il figlio. EllaOne è un farmaco anti-progestinico che impedisce al progesterone di funzionare.
La letteratura ci dice che i giorni fertili sono i 5 giorni pre-ovulatori e il giorno dell’ovulazione. Fra essi, i più fertili, quelli nei quali un rapporto non protetto porta al 75% dei concepimenti, sono i due giorni pre-ovulatori (48 ore) e il giorno stesso dell’ovulazione.
Ci dice anche che ellaOne, quando viene assunta nel periodo fertile, è in grado di ritardare l’ovulazione, globalmente, nel 59% dei casi (ciò significa che il 41% delle donne ovula e può concepire nonostante il ricorso al farmaco). Tuttavia, la massima efficacia anti-ovulatoria di ellaOne si osserva solo nel primo dei giorni fertili, prima che i livelli di LH (è l’ormone luteinizzante che porterà alla liberazione dell’ovocita) inizino a salire. Successivamente l’efficacia anti-ovulatoria decresce rapidamente e si annulla già 36 ore prima dell’ovulazione, ovvero in quasi tutto il periodo di massima fertilità (le 48 ore pre-ovulatorie e il successivo giorno dell’ovulazione).
Da notare che l’efficacia di ellaOne contro la comparsa clinica della gravidanza rimane, invece, costantemente elevata – superiore all’80% – in qualunque dei cinque giorni successivi al rapporto il farmaco venga assunto. E’ evidente che questa efficacia è dovuta ad altro, e precisamente, agli effetti di ellaOne sul tessuto endometriale, il rivestimento interno dell’utero che il progesterone prepara all’annidamento dell’embrione.
L’endometrio, infatti, viene costantemente alterato e reso inospitale da ellaOne. In uno studio dello scorso anno, il ricercatore messicano Lira-Albarràn ha somministrato il farmaco a un gruppo di donne nei giorni pre-ovulatori, i più fertili del ciclo, e ha valutato l’espressione di ben 1183 geni nel loro endometrio, prelevato 5-6 giorni dopo l’ovulazione, nella cosiddetta finestra di impianto, cioè nei giorni in cui l’embrione si annida. I geni sono i responsabili delle modificazioni a cui va incontro l’endometrio per essere idoneo all’annidamento. La loro espressione (attività) è modulata in particolare dal progesterone che esercita questo effetto attraverso il legame ai propri recettori specifici, che si trovano sulle cellule endometriali.
Lira-Albarràn ha osservato, innanzitutto, che tutte le donne ovulano regolarmente dopo aver assunto ellaOne e, quindi, possono concepire. Tuttavia, l’espressione dei geni studiati nel tessuto endometriale dopo l’assunzione di ellaOne evidenzia un quadro totalmente opposto a quello osservato nel normale endometrio recettivo: un endometrio totalmente inospitale per l’embrione, che, conseguentemente, non potrà annidarsi.
In sintesi, assumendo ellaOne dopo un rapporto sessuale non protetto nei giorni più fertili, anche ingerendolo per assurdo durante il rapporto stesso, la donna ovula e può concepire, ma il figlio concepito non potrà annidarsi e non potrà sopravvivere a causa del farmaco.
Veniamo ora al cuore della Sua domanda: l’OMS non sa queste cose?
Sono certo che l’OMS, l’EMA (Agenzia europea dei medicinali) e l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) sappiano bene queste cose.
EMA, nell’Assessment Report del 2009 che introduce ellaOne in commercio come contraccettivo di emergenza (EMEA-261787-2009) sostenendo che si tratti di un semplice anti-ovulatorio, scrive testualmente che “Ulipristal acetato impedisce al progesterone di occupare i propri recettori, così la trascrizione genica normalmente attivata dal progesterone è bloccata e non vengono sintetizzate le proteine necessarie per iniziare e mantenere la gravidanza.” E’ riportato al punto 2.3 alla pagina 8 sotto il titolo “Aspetti non clinici – Farmacologia”. Significa chiaramente che ellaOne può impedire l’annidamento e anche interrompere una gravidanza già avviata.
Salto molti dati che troverà nella Position Paper in sipre.eu e che emergono dal medesimo documento del 2009, tra essi la consapevolezza dell’EMA che il farmaco può indurre l’aborto e la raccomandazione strategica di non divulgare questa informazione.
Nell’Assessment Report del 2015 (EMA/73099/2015) che liberalizza la vendita senza ricetta di ellaOne in farmacia, esattamente alla pagina 7, è riportata una tabella che evidenzia che le donne che assumono ellaOne settimanalmente per otto settimane consecutive ovulano nel 91.7% dei casi. Se assumono il farmaco ogni cinque giorni, sempre per otto settimane consecutive, il tasso di ovulazione è del 72.7%. E il farmaco viene venduto come anti-ovulatorio.
L’OMS certamente conosce questi dati e la domanda cruciale, a questo punto cambia:
Perché OMS, EMA e AIFA – evidentemente consapevoli dei dati che riporto e che personalmente ho trasmesso sia a EMA che ad AIFA – scrivono che il farmaco agisce solo spostando l’ovulazione in evidente contrasto con quanto chiaramente emerge dalla documentazione scientifica? Lascio la risposta al suo giudizio.
Per finire, il meccanismo anti-annidamento contrasta con le leggi italiane, e fornire all’utenza una informazione non corretta pregiudica gravemente il diritto delle persone a essere correttamente informate. Nel foglietto illustrativo di ellaOne si afferma che il farmaco è anti-ovulatorio mentre agisce prevalentemente impedendo l’annidamento del figlio. Viene così meno il presupposto alla espressione del consenso informato e alla libertà di scelta.
Resto a Sua disposizione, ringraziandola per l’opportunità di chiarire sia per Lei che per i Lettori.

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