Gentile dottore, mio figlio dodicenne soffre di rinite da più di un anno, unitamente ad una forma di rettocolite ulcerosa cronica autoimmune diagnosticatagli a dicembre. Mi chiedevo se le due infiammazioni potessero essere in qualche modo correlate. La pediatra di base gli ha prescritto (finalmente) una visita otorinolaringoiatrica che ho prenotato privatamente per accorciare i lunghi tempi di attesa. L’otorino ha richiesto, su carta intestata, una visita allergologica e le prove allergometriche per inalanti. Attualmente la pediatra è in ferie e la sua sostituta si è rifiutata di predisporre quanto indicato dall’otorino, dicendo che avrei dovuto attendere il rientro della pediatra curante in quanto, a suo giudizio, non ricorrono le condizioni di urgenza tali da giustificare la mia richiesta. Ha anche aggiunto che, avendo sottoposto il bambino ad un consulto privato, dovrò continuare a muovermi privatamente. Francamente è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Non conosco i riferimenti normativi che possano giustificare un simile atteggiamento (tra l’altro al telefono, senza neanche visitare il paziente), ma credo che la cura degli assistiti debba essere prioritaria e prevalere su eventuali limiti burocratici. Volevo conoscere il Suo parere e capire se ci sono i presupposti per inoltrare una eventuale segnalazione alla ASL. Grazie. Cordiale saluti.
Leo Venturelli
Gentile signora, la prescrizione di esami e accertamenti deve essere condivisa tra specialista e pediatra curante: normalmente capita che il pediatra chieda una consulenza e quindi si affidi allo specialista per procedere. In questi casi non ci sono normalmente problemi. È comunque responsabilità del curante la prescrizione di successivi esami, per cui non c’è l’obbligo legale di seguire le indicazioni. Sul criterio di urgenza vale il criterio appunto di urgenza, cioè di esami che diano immediata risoluzione a una situazione grave. I test allergici non rientrano di norma in questo criterio. La questione da lei sollevata comunque è frequente e non sempre si è arrivati e si arriva a pareri uniformi. In realtà, se lo specialista opera all’interno del SSN, potrebbe valere il “passaggio in cura” richiesto esplicitamente dal curante, in modo che qualsiasi ulteriore accertamento ricade per legge su di lui. La sua situazione non ricade in questo contesto. Il consulente privato dal canto suo dovrebbe dare indicazioni al curante in busta chiusa, in modo da evitare passaggi di consegne attraverso la famiglia che, giocoforza, così diventa il tramite di consulti tra medici con un carico personale ed emotivo che rischia di esasperare la situazione, come è successo nel vostro caso. Poi devo dire che una risposta del medico motivata e soprattutto cortese alla famiglia spesso spegne rivalse legali. Se come genitori poi vi sentite non sodddisfattti dell’accaduto, c’è la possibilità di chiedere spiegazioni allo sportello di pubblica tutela della Asl. Cordialmente.
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