Sono alle prese con due fratellini di 5 e 3 anni e mezzo. Vanno molto d’accordo e in questi due mesi di clausura la loro unione si è rafforzata ulteriormente come potrà immaginare. Cercando e ritrovando nell’ altro tutta la sicurezza e l’autonomia conquistata tra i loro amici “perduti”.
Scrivendole sono ben consapevole dello stress cui i bambini sono stati sottoposti e ancora lo sono. Non fosse altro perché io stessa ne sono vittima, lavorando da casa da oltre due mesi, idem mio marito, con le difficoltà che immagina di gestione del tempo e del lavoro e delle esigenze, materiali e immateriali, dei bimbi. La pazienza è stata tanta e lo è tuttora. Certo all’inizio i bambini “collaboravano” di più, si facevano guidare nell’organizzazione della giornata, nel fare le cose assieme; forse la novità dello stare a casa, forse la vicinanza con mamma e papà, ha reso tutto più semplice nelle prime settimane del lock down. In questo periodo mio marito ed io siamo stati molto a loro fianco, più di quanto nella quotidianità fossimo abituati a fare, essendo entrambi lavoratori full time, fingendoci compagni di giochi ed educatori improvvisati. Un grande dispendio di energia che qualche volta è stato fonte di soddisfazione, ma che nel tempo ha perso di efficacia ed è stato sempre più frustrante soprattutto per la perdita di attenzione e concentrazione che ho registrato nei miei bambini. Al punto che anche le poche attività che le maestre talvolta inviano, faccio fatica a farle loro anche solo vedere.
Certo per i bimbi poter passare tutte le mattine con il loro babbo è stata una grande conquista. E anche per noi genitori trascorrere tempo con loro. Ma tutto questo ha avuto il risvolto negativo di perdere ogni forma di struttura, di regola, anche di rispetto. A lungo andare, i bambini si sono coalizzati “contro” mamma e papà e da scherzetti innocenti siamo passati a vere e proprie marachelle. Le cui punizioni sono durate poco, complice la comprensione verso questa situazione difficile che i bambini stanno vivendo. E così le caramelle..i cartoni negati per una settimana, sono mancati solo 2 o 3 giorni…
Arrivo al dunque. Ieri sera, all’ennesima richiesta di spegnere la televisione con la cena sul tavolo, tra risolini e piedi sbattuti per terra, il piccolo (3 anni e mezzo) sfrontato come mai, spettatore fino a quel momento degli insegnamenti fraterni, armato di coraggio sfida i rimproveri e accende ripetutamente la TV dal bottone sotto la televisione (privato com’era del telecomando) fin quando, un tocco maldestro, provoca la caduta (involontaria) della TV stessa, e ahimè la sua rottura!
Le chiedo, al di là del rimprovero fermo immediato, della successiva spedizione diretta al letto (con lavaggio di denti in autonomia incluso) e della negazione della favola, come può, se deve, essere ulteriormente punito un simile gesto così sfrontato? Può questa anomala situazione essere la scusa per ogni gesto improprio? E la ns pazienza essere infinita? Deve l’età lasciare impuniti gesti di questa gravità?
Può davvero la vicinanza così continua fare perdere le inibizioni, il rispetto verso l’autorità paterna/materna al punto di credere di poter affrontare/contrastare le decisioni e urlare guardandoti dritto negli occhi? Sfidarti, risponderti a muso duro? A 3 anni come a 5?
E quanto deve essere tollerato o censurato un tale comportamento da sbruffoncello? In che modo punito? Davvero la paura (come sostiene il papà) condita di minacce di fantomatici mostri o luoghi oscuri in cui finire, può agire da deterrente per certe azioni così eclatanti? La paura può essere educativa dunque?
I dubbi nascono a valle di tanti tentativi di ragionamento, a freddo, a caldo, con calma e col buon esempio che aimè non hanno sortito (fin’ora) buon esito.
Domani decideremo la punizione. Ogni suo tempestivo suggerimento sarà utile.
Grazie.
Luisa Vaselli
Cara mamma,
la paura non può essere educativa, crea solo disagio e smarrimento. Se genero paura non educo, i nostri cuccioli non capiranno dove e quando hanno sbagliato e, allo stesso tempo, si sentiranno abbandonati a se stessi.
Questa è teoria condita anche da esperienza. Qualche anno fa durante una gita scolastica del nido ho potuto osservare la differenza tra bambini a cui era spiegato perché non dovevano andare nel garage del ristorante ( i camerieri entravano ed uscivano per prendere oggetti necessari) e bambini a cui veniva detto di non andare perché c’era il lupo cattivo. I bambini a cui veniva detto:”Non puoi entrare perché i camerieri lavorano e noi saremmo di intralcio” diligentemente si tenevano lontani, quelli che venivano ammoniti con un: “Non andare c’è il lupo cattivo che ti mangia!” , continuavano ad andare nel luogo proibito per poi scappare via terrorizzati.
Uno dei bambini diligenti, che non aveva mai avuto paura dei mostri, ha dovuto fare un grosso lavoro sul lupo, perché tornato a casa non voleva più stare in stanze buie dato che c’era il lupo cattivo. Quello che un adulto dice in questa fase della vita è molto importante perché l’adulto è quello che sa tutto, è un idolo, un eroe (destinato a cadere durante l’adolescenza, ma per parlare di questo c’è, per lei, ancora molto tempo). Quindi se i genitori affermano che in un determinato luogo si nasconde un mostro, il bambino ci crederà. Lo dice la mamma, lo dice il papà, per forza deve essere vero. Ma non solo: nel momento in cui il bambino scopre che i mostri non esistono è probabile che cominci confusamente a riflettere sul fatto che i genitori dicono bugie, non sono credibili. Per insegnare cosa è giusto e cosa è sbagliato e, più avanti, cosa è bene e cosa e male (dal punto di vista etico) è opportuno spiegare perché un determinato comportamento è negativo ed eventualmente associare una punizione, per trasmettere il messaggio che le azioni hanno conseguenze piacevoli o spiacevoli a seconda che siano giuste o sbagliate.
Nella sua mail lei dice che le punizioni che avete impartito erano lievi. Bene, non è tanto la “pesantezza” delle punizioni che conta (ovviamente rimanendo nell’ambito del buon senso), quanto la coerenza nel mantenerle. Una punizione deve essere sempre ragionevole ma soprattutto tale da poter essere sostenuta. E’ inutile proibire la televisione per un mese, quando in questa eventualità è poi facilissimo permettere poi al bambino di farla franca. Meglio negarla per un solo pomeriggio, ma rimanere fermi su quanto detto. Se si molla si perde autorevolezza e, in più, non si concede al bambino il dono prezioso di sentirsi “contenuto” e, prorpio per questo, molto amato. Riguardo alle puntizoni, la prima regola è dunque quella di sceglierle tra quelle che si è sicuri di poter sostenere. In relazione al comportamento dei suoi bambini, penso che stiano solo cercando di capire dove sono i loro confini, fino a che punto si possono spingere, vi possono sfidare.
Fa parte del processo evolutivo, ed è del tutto naturale che accada: sta a voi rispondere in modo adeguato, mostrando questi limiti, ponendo i paletti da non oltrepassare. Con dolce fermezza, senza ansia, senza rabbia. Come appunto si deve fare quando si ha l’oneroso e bellissimo compito di educare dei bambini. Nell’ email lei dice: “In questo periodo mio marito ed io siamo stati molto a loro fianco, più di quanto nella quotidianità fossimo abituati a fare, essendo entrambi lavoratori full time, fingendoci compagni di giochi ed educatori improvvisati“. Non vi siete “finti” educatori, voi SIETE i maggiori educatori dei vostri figli. Si può essere più o meno buoni educatori (parlo in generale, non di voi!) ma lo si è comunque autenticamente perché è questo il ruolo che assumono i genitori nel momento in cui accolgono un figlio. Non dimentichi mai che è imitando che i bambini imparano, e molto più di quanto a volte si possa supporre. Se vi fermate ad osservarli rivedrete in loro sia i vostri comportamenti negativi e positivi.
Un genitore è un compagno di giochi speciale perché non è facile che abbia tempo per loro. Credo che in questa fase di lockdown abbiano sofferto più i genitori dei figli, per i quali avere mamma e papà a disposizione ha rappresentato un’opportunità straordinaria, un’occasione davvero speciale, destinata a rimanere dentro di loro per sempre. Durante il periodo dell’isolamento i bambini si sono ripresi i loro tempi: niente ritmi troppo frenetici, niente impegni incalzanti, tutto era inevitabilmente rallentato quindi più a loro misura. Non credo che il suo bambino volesse rompere la televisione, la sua sfrontatezza, le sue intemperanza, esprimono con chiarezza il bisogno di sapere dove finisce la sua possibilità di agire di testa prorpia, ignorando i richiami e le regole, e quali confini non possonoe ssere varcati. Nessun bambino, quindi neppure i suoi, programma le marachelle. Disubbisiscono, fanno malatti, si comportano in modo che può irritare moltissimo perché non possiedono ancora la capacità di prevedere le conseguenze dei loro gesti, il loro agito è impulsivo, privo di qualunque calcolo e, appunto, orientamento verso quel che può succedere “dopo”. In sinetesi estrema, lo schema per educare il bambino si devono fissare poche semplici regole per poi farle rispettare con la massima determinazione. I no devono restare tali, irremovibilmente. Nessun no può trasformarsi magicamente in un sì. A fronte di qualunque comportamento sbagliato, si deve dire: “Non mi è piaciuto quello che hai fatto” e mai “tu non mi piaci o, peggio, sei cattivo, stupido e così via”: questo sarebbe davvero un errore che potrebbe davvero fare danno. Nel caso specifico: la regola dice che quando vi chiamiamo per venire a tavola dovete subito spegnere la televisone e arrivare. Non lo fate? Bene, domani niente televisione. E niente televione deve essere. Senza ripensamenti senza sensi di colpa, senza negoziazioni o concessioni, deroghe, sconti.
La punizione quindi deve essere vicina alla situazione che l’ha generata, ma non necessariamente grande quanto la marachella. Il suo peso deve essere rappresentato infatti più da quanto simboleggia (l’errore) che da quanto toglie al bambino. E per spiegarla si deve gettare la responsabilità alla regola, alla famosa regola inderogabile e semplice. La regola dice che questo non si fa e non si può discutere, solo obbedire. Si può anche aggiungere un : mi dispiace, capisco che volevi guardare la tv ma ora non è più possibile perché ieri non hai osservato la regola. Noi genitori le regole le applichiamo solamente.
Comunque state tranquilli che continueranno a mettere alla prova la vostra pazienza ed i loro confini, ma voi ricordate che è solo evoluzione, che è un buon segno (anche se faticoso). Per finire, voglio aggiungere che questi mesi e quelli che verranno hanno privato e priveranno i bambini della possibilità – data dalla scuola – di socializzare con i coetanei. Di questo bisogna sempre ricordarsi per essere più motivati a dare ampio spazio al dialogo, ai giochi da fare insieme, limitando l’uso della tecnologia. A tavola per esempio la televisone deve stare spenta, tablet e telefonini pure, per lasciare posto alle chiacchierate, alle domande, alle risposte. Tanti cari saluti.
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