Nel 2011 ho partorito il primo figlio con una gravidanza spettacolare andato tutto benissimo nato a termine. Nel 2014 ho avuto il secondo figlio nato una settimana prima del previsto con cesareo programmato per una cardiopatia cioè cuore sinistro ipoplasico. Nel 2020 abbiamo provato ad avere un bambino ma purtroppo a 13 settimane si è fermato il battito e mi hanno dovuto fare il raschiamento. Adesso ero in attesa nuovamente solo che ieri, a 25 settimane e 6 giorni, mi hanno detto che si era fermato il battito. Cosa può esserci che non va? Potrei avere io dei problemi? Ma dopo due gravidanze diciamo normali perché succede di abortire così? Quali esami mi consiglia di fare per scoprire la causa di questi due aborti? Grazie mille. Da una mamma disperata e incredula per la seconda volta.
Claudio Ivan Brambilla
Cara signora, posso comprendere il suo dolore e mi dispiace profondamente per quanto si ritrova a vivere per la seconda volta. Mi chiedo che spiegazione le abbia dato il suo ginecologo curante nel momento in cui ha fatto la triste scoperta: lui infatti, molto meglio di me, potrebbe formulare delle ipotesi, visto che ben conosce la sua storia clinica e l’ha seguita fino a questa settimana di gravidanza. Da parte mia posso solo parlare in generale delle morti in utero, così come l’OMS definisce simili tragici eventi quando si verificano dopo la 22ma settimana di gravidanza. Le cause della morte in utero possono essere numerose. Tra queste, giusto per fare qualche esempio ci sono la preeclampsia (un tempo chiamata “gestosi”) caratterizzata da aumento della pressione del sangue, presenza di albumina nelle urine, comparsa di edemi (gonfiori) localizzati soprattutto alle gambe; le infezioni contratte dalla madre, come la toxoplasmosi e la mononucleosi da citomegalovirus, che possono coinvolgere il bambino; il distacco improvviso della placenta. Per sapere che cosa è accaduto nel caso particolare occorre effettuare alcune indagini che comprendono la valutazione della condizione di salute della madre (anche magari effettuando gli esami del sangue per capire se ha sviluppato un’infezione); l’esecuzione dell’autopsia sul bambino; l’analisi istologica della placenta (cioè si esamina la placenta in laboratorio per verificare se sia in quale modo compromessa). Non è comunque detto che, nonostante si eseguano tutte queste indagini nella maniera più accurata possibile, si riesca a identificare la causa dell’evento. Infine sono stati identificati fattori di rischio che aumentano le probabilità di morte in utero. Tra questi alcune patologie della madre, come diabete, ipertensione, malattie autoimmuni; il fumo di sigaretta; il grave sovrappeso sempre della madre; un’età materna superiore ai 36 anni. Non so che cosa le consiglieranno ora, di certo se vorrà tentare una nuova gravidanza sarà più che opportuno che lei si confronti con il suo curante per decidere insieme a lui “quando” riprovare e quali indagini effettuare prima. Cari saluti.
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