Le scrivo la mia storia. Sono ancora alle prese con la mia prima gravidanza, a giugno del 2021 ho avuto una gravidanza biochimica, dopo 3 mesi sono rimasta di nuovo incinta ma purtroppo sembra che il feto sia affetto da trisomia 18 (sto aspettando i risultati della villo fatta ieri d’urgenza), volevo chiederle secondo lei del problema possiamo essere responsabili io o il mio compagno o si tratta di una cosa completamente casuale? Ho letto che l’età conta molto per queste patologie, ma noi siamo giovani. Mi viene da pensare ad altri problemi. Le chiedo scusa se la disturbo ma sono veramente disperata e affranta. Ovviamente dovremmo fare dei test più approfonditi ma al momento mi rivolgo a lei. Attendo una sua cortese risposta. Grazie.
Elisa Valmori
Salve cara signora, posso solo immaginare la sua disperazione e mi vengono le vertigini a pensare di poterle essere nel mio piccolo di conforto e di sollievo. Sa qual è il problema secondo me? E’ che noi medici studiamo le diagnosi delle malattie a tavolino e ce ne facciamo un’idea che è certamente corretta sul piano scientifico, ma rimane parziale rispetto alla realtà della persona che è sempre molto più affascinante e ricca di quanto non sembri in caso di malattia. La cosa drammatica, ai nostri tempi, è che di fronte a malattie che non sappiamo ancora guarire come ad esempio quelle del numero dei cromosomi (la sindrome di Down o trisomia 21 oppure la sindrome di Edwards o trisomia 18) la scelta che appare ormai quasi ovvia è quella dell’interruzione di gravidanza “terapeutica”. Ma questa è la sconfitta della medicina. Così di sicuro non la troveremo mai una cura per questi malati! Io conosco una persona con la trisomia 18, ha ormai 41 anni ed è sempre stata così piena di energie e gioia di vivere da far impallidire i coetanei “normodotati”… E poi volevo dirle che esiste un’associazione di genitori che ne accompagnano altri in caso di diagnosi infausta per il nascituro. Loro ci sono proprio passati e meglio di chiunque altro sanno cosa si prova e cosa dire e fare in momenti come questi. Se vuole le metto qui il link del gruppo nato in Lombardia, ma ce ne sono anche altri nel resto d’Italia…vedrà che saranno dei compagni di strada preziosi, qualsiasi decisione prenderete lei e il suo compagno. https://laquerciamillenaria.it/chi-siamo/la-quercia-lombardia/ Tra l’altro, nel suo caso la diagnosi era ancora da confermare e mi pare strano che si sia scelta la metodica della villocentesi: a volte accade che nella placenta ci siano delle anomalie dei cromosomi che non interessano il feto, motivo per cui sarebbe più appropriata una conferma di patologia cromosomica mediante amniocentesi ma forse lei è ancora nel primo trimestre? se sì, direi di non accontentarsi dell’esito della villocentesi per stabilire poi le sorti di questa gravidanza. Infine, mi permetto di confidarle che per esperienza ricevere una diagnosi per un proprio figlio è un po’ come ricevere uno schiaffo ma nel tempo proprio i figli che potremmo etichettare come disabili si rivelano invece dei tesori inestimabili. Ho toccato con mano (ho una figlia con disturbo spettro autistico) quanto parziale sia una diagnosi per fare anche solo sospettare la ricchezza e la bellezza di un figlio speciale. Le vorrei solo dire: non abbia paura! Non ho ancora risposto alla sua domanda…ritengo che, qualora il ginecologo curante non si pronunciasse in modo per voi soddisfacente, un genetista dovrebbe essere più capace di soppesare la vostra storia clinica e familiare per cercare di dare una spiegazione e proporre quindi gli accertamenti più adatti. L’abbraccio a distanza, spero di averle dato un po’ di conforto!
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