Buongiorno, si sente dire che il coronavirus si è indebolito, ma allo stesso tempo di tanto in tanto è ancora in forse l’apertura della scuola (anche materna) il prossimo settembre. A chi dobbiamo credere? Come stanno veramente le cose? Grazie se mi vorrà rispondere, so quanto lei è competente e affidabile. Grazie di cuore.
Matteo Bassetti
Come gli altri colleghi, tra cui il professor Zangrillo e il professor Remuzzi, ritengo che il coronavirus si sia realmente indebolito. Sia io sia loro possiamo affermarlo sulla base di quello che stiamo osservando in ospedale: mentre negli scorsi mesi il 20 per cento di chi veniva contagiato e sviluppava la sindrome andava incontro a complicazioni gravi o gravissime, che richiedevano il ricovero nelle terapie intensive o sub intensive, adesso ci troviamo di fronte ad ammalati colpiti da forme molto più leggere. E’ verosimile che il coronavirus, pur continuando a circolare, una volta fatto il suo ingresso nelle alte vie respiratorie qui si fermi, provocando affezioni lievi, destinate a non avere le terribili conseguenze che abbiamo visto da febbraio a circa metà aprile.
Del resto era normale che accadesse: per sua caratteristica un virus mira alla propria sopravvivenza, per assicurarsi la quale deve necessariamente trovare un equilibrio con il proprio ospite, l’uomo, nel caso specifico. Se, per un’ipotesi estrema, che uso solo per far meglio comprendere il concetto, il Sars-CoV-2 sterminasse tutta l’umanità a sua volta si estinguerebbe, disattendendo lo scopo che la sua natura gli impone di perseguire, visto che la sua vita dipende da quella dell’organismo in cui si insedia,.
E’ probabile, quindi, che si sia indebolito per assecondare una sorta di processo di conservazione di se stesso, così come è possibile che la sua inferiore aggressività sia in parte dovuta all’isolamento sociale degli scorsi mesi unito alle regole di sicurezza che ancora oggi siamo chiamati a osservare, come il distanziamento, l’igiene accurata delle mani e l’utilizzo corretto della mascherina.
Comunque sia, gli ultimi studi effettuati hanno evidenziato che dal suo primo apparire a oggi il nuovo coronavirus è andato incontro a circa 200 mutazioni, a cui probabilmente si deve il suo graduale adattamento, che per noi si è tradotto in minore virulenza in caso di contagio.
Per quanto riguarda le scuole e i vari tentennamenti rispetto all’opportunità di riaprire, credo che buon senso dovrebbe suggerire di non pensare a soluzioni drastiche, come quella di lasciarle chiuse, prima ancora di sapere cosa accadrà da qui a settembre. Quando si parla infatti di “prossima ondata di CoVid-19 in autunno” sarebbe anche più che corretto specificare che si potrebbe trattare di un ritorno della malattia non necessariamente drammatico, ma contenuto per numero di persone colpite nonché limitato solo a qualche zona d’Italia.
Sono più propenso a ritenere che sia questa seconda ipotesi la più verosimile e che quindi i bambini e i ragazzi potranno tornare di nuovo nelle aule, per recuperare la forma di socialità più sana e naturale, quella che consente il contatto umano “viso a viso”, non mediato da uno schermo, affrancato dalla tecnologia.
Va detto, che solo in Italia è stato preso in considerazione molto poco il danno psicologico che può derivare dalla scelta di tenere ancora a casa bambini e adolescenti, privandoli del rapporto con i coetanei: nel resto dell’Europa tutte le scuole sono state riaperte in breve e credo sarebbe ragionevole che il governo prendesse le sue decisioni più drastiche, non dico emulando quelle degli altri Stati, ma almeno tenendone conto, almeno usandole come termini di confronto da cui eventualmente prendere spunto. Con cordialità.
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