Bimbo di sei anni molto capriccioso e genitori in tilt

Dottoressa Luisa Vaselli A cura di Luisa Vaselli - Dottoressa specialista in Psicologia Pubblicato il 08/02/2021 Aggiornato il 15/02/2021

I capricci sono il mezzo di cui i bambini si servono per capire "dove possono arrivare": è irrinunciabile, per aiutarli a crescere sereni e sicuri di sé, non cedere mai, ma attendere con affettuosa determinazione che la crisi passi.

Una domanda di: Sandra
Ho un bimbo di 6 anni. Io e suo padre siamo in tilt perche tutti i santi giorni è un capriccio per tutto, piange per qualsiasi cosa se riceve un no da parte nostra, piange anche per ore, gli provo a spiegare ma lui niente, non ascolta neanche. Siamo stanchi di passare le giornate in questo modo e mi dispiace anche vederlo così perché secondo me sta male anche lui ma è come se non riuscisse a fermare le sue crisi, non te la vuole dare vinta. A scuola mi hanno detto le maestre che sta attento segue le lezioni, con i compagni socializza, solo all’inizio dell’anno mi hanno detto che lui per avere attenzioni dai compagni faceva dei piccoli dispetti, ma per quanto riguarda le maestre era un modo sbagliato ma solo per attirare attenzione. È un bambino timido che ha bisogno dei suoi tempi (anche questo lo dicono le maestre), la cosa che fa rabbia a me invece è che in classe parla con le maestre giustamente ma se le incontra fuori magari non le saluta neanche. Io non capisco. In attesa di un risposta la ringrazio.
Luisa Vaselli
Luisa Vaselli

Cara mamma,
il “compito” dei nostri figli è quello di fare i capricci. Non lo fanno per farci dispetti, neppure per renderci la vita difficile (anche se quando siamo particolarmente stanchi può sembrarlo), lo fanno per avere idea di quali sono i confini oltre i quali non possono andare. Ne hanno bisogno, come l’aria che si respira, per sapere che su noi trovano una guida sicura che imposta regole e le mantiene.
Nel momento del capriccio è impossibile stabilire una connessione con i nostri piccoli tiranni. Possiamo paragonarli a noi quando siamo parecchio arrabbiati e diventiamo incapaci di ascoltare qualunque cosa ci venga detta. Questo vale a maggior ragione per loro che vivono nel “qui e ora”. Un no per loro non è accettabile, ma pronunciarlo è necessario.
Il genitore ha il compito di sostenere questi accessi d’ira, facendo in modo che possano essere sfogati; quando si stabilisce la calma solo allora sarà possibile un dialogo.
Questo andrebbe basato sull’empatia, ma con molta fermezza. Si tratta di sottolineare che capiamo benissimo il loro stato d’animo, la frustrazione che deriva dal vedersi negare quanto desideravano avere, ma allo stesso tempo di trasmettere il messaggio che non sempre è possibile ottenere ciò che si vuole. Che il loro comportamento non ci è piaciuto ma che continuiamo, nonostante il capriccio, ad amarli come sempre.
I no, una volta pronunciati, devono essere mantenuti a ogni costo, piuttosto che tornare sui nostri passi è meglio dire un no meno, un no non deve mai trasformarsi in un sì perché farlo significherebbe caricare il bambino di un potere che non sarebbe in grado di sostenere. Il bambino ha bisogno di paletti invalicabili perché è da questi che trae sicurezza, perché è il sentirsi contenuto che gli dà la garanzia di essere amato.
Ogni bambino è un mondo a se stante, un universo che necessita di essere scoperto, ogni traguardo che viene raggiunto non ha tempi prestabiliti, può essere che il singolo bambino abbia bisogno di capire come funzionano le relazioni con il gruppo dei pari. Se il suo bambino è figlio unico a maggior ragione ha necessità di stare con i coetanei. Solo con gli scontri i nostri piccoli capiscono l’importanza della mediazione e quali sono i comportamenti adeguati per i rapporti sociali. Le maestre fuori da scuola sono fuori contesto, ci sono alcuni bambini che non riescono quasi ad immaginarsi che la maestra fuori da scuola possa avere una sua vita, oserei dire possa esistere. Se ciò che faceva all’inizio dell’anno per attirare l’attenzione ora non lo mette più in atto è segno che ha capito che certi atteggiamenti non sono adeguati per interagire con gli amici, non servono per essere accolto da loro. Mi sembra un buon segno di maturazione.
Per quanto riguarda i comportamenti da tenere in casa sono semplici:
1. Imporre poche semplici regole che siano assolute, su cui non si transige. Può essere utile un piccolo cartellone con le regole scritte, insieme a lui ed eventuali punizioni se non si attiene a ciò che si esige da lui. La vita è fatta di regole: non si passa con il rosso, non si offendono gli altri, si mangia a tavola, etc.
2. Parlare con lui solo quando si è calmato, riportando verbalmente quali sono le emozioni che lo hanno animato. Ad esempio se fa le bizze perché si chiede di spegnere la TV dopo un tempo prestabilito si può dire: “Capisco che stai provando tanta rabbia e che ti sarebbe piaciuto stare ancora alla TV, ma non è possibile perché troppa televisione è dannosa. Mi dispiace ma LA REGOLA (quindi non io) dice che si può stare alla TV solo per un’ora (o quanto stabilito dalle regole familiari), e il tempo è passato.
3. Avvisare sempre prima di dare una punizione: “Ascoltami: questo comportamento non mi piace se lo metti in atto di nuovo vai in castigo”.
4. Avvisare sempre prima di fargli interrompere una qualsiasi attività che gli piace ad esempio: “Tra 5 minuti bisogna andare spingere la TV”.
5. Cercare di restare calmi anche in contesti sociali, quando solitamente i capricci messi in atto sono elevati alla potenza e creano parecchio imbarazzo in tutti i presenti (e non solo nei genitori). Queste sono le situazioni più difficili, perché la paura che coglie il genitore di solito si esprime in un pensiero molesto: come verrò giudicato? La risposta è: FREGATEVENE. Il resto del mondo ha sempre bisogno di criticare, sia se concediate al figlio quello che vuole: “Vedi fa così perché gliele danno tutte vinte!” oppure “Che genitori severe per questo che il bambino piange!” La domanda da porsi è :” Cosa è meglio per me e mio figlio?”. La risposta è una e una sola: un capriccio non assecondato, ecco cosa è meglio. Diversamente la volta successiva potrebbe andare ancora peggio, il capriccio potrebbe essere ancora più pesante, più difficile da contenere, più prolungato nel tempo. In altre parole, se il bambino capisce che un capriccio funziona per ottenere quel che vuole viene armato di uno strumento che non esiterà ad usare sempre e comunque in qualunque circostanza. Come esperienza personale se riusciamo a gestire l’ansia e aspettare la fine di un capriccio quest’ultimo si esaurirà prima. Mia figlia quando aveva tre anni ha pianto per 15 minuti seduta in terra allo zoo perché voleva andare sullo scivolo. Io sapevo che dato il caldo ed il sole lo scivolo era rovente , ma aspettando un’ora, lo scivolo sarebbe stato in ombra. Quindi tutti i passanti si fermavano a guardare la piccola disperata che piangeva come se l’avessero picchiata a sangue e la madre cattiva che appoggiata al recinto delle capre aspettava con pazienza che si calmasse. Tutto questo cercando di sorridere ai passanti dicendo: “Non si è persa, sono la mamma, è tutto sotto controllo prima o poi smette!” il padre e il fratello più grande che non riuscivano a sopportare la situazione sono andati avanti nella visita dello zoo. In quel caso se io avessi ceduto avrei giustificato il suo capriccio, sminuito la mia capacità genitoriale e creato una situazione dannosa per il suo equilibrio psicoemotivo. Certamente una volta calmata abbiamo parlato, chiarito che il suo comportamento non era di mio gradimento, ma le volevo bene comunque perché era la mia bambina e non avrebbe potuto essere altrimenti. Ci siamo abbracciate e le ho spiegato che capivo il suo desiderio, ma non era possibile attuarlo nell’immediato. Sullo scivolo come promesso ci siamo andati dopo circa un’ora quando era diventato possibile.
Quindi tenete duro e cercate di essere comprensivi, ma non lasciare che prenda il comando, non ne ha né la capacità né il desiderio né tanto meno è quello che gli serve per crescere sicuro di sé. In particolare, non fatevi vedere sopraffatti dai suoi capricci (“in tilt” come lei dice perché c’è il rischio di disorientarlo, di far nascere in lui paure e sensi di colpa). Con cordialità.

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