Mio figlio Matteo, a breve compirà quattro mesi e pesa sette chili. È nato a 36 settimane. A due mesi e mezzo gli è stato diagnosticato un reflusso secondario alle proteine del latte, per cui sto utilizzando novalac allernova pro e nidex perché soffre anche di stitichezza e a sua volta coliche; ha sempre avuto disturbi del sonno. Abbiamo notato che è ipertonico per cui stiamo escludendo problematiche cerebrali che a quanto pare sono risultate negative con gli esami effettuati. Sono sicura che il suo problema è il reflusso perché quando finisce di mangiare piange e quando si addormenta ha crampi, smania, si sveglia nel bel mezzo del sonno piangendo e seppure gli alzo il materassino quando finalmente crolla, va giù,si contrae in avanti, mentre altre volte lo trovo con la testa e la schiena inclinati all’indietro. Non so più cosa fare perché ci sono varie problematiche come citato tra cui eccentuata irritabilità per cui è il caso di svezzarlo? Lo porto da uno specialista gastroenterologo e gli faccio fare alcuni esami? Da aggiungere che stringe spesso i pugnetti e in maniera nervosa se li porta alla bocca prima quando ha fame e anche dopo la poppata come se continuasse ad averla però rifiuta il latte che lascia. La sua poppata è di 175 di acqua con 5 misurini come dicevo con nidex, per aiutarlo con la stipsi quindi gli do anche un po’ più di idratazione: le ho provate di tutte. Dimenticavo prende 3 volte al giorno refluxan nipio, 3ml, ma non sembra fare miracoli. Per favore mi aiuti perché non se ne può più.
Giorgio Longo
Cara signora, il reflusso gastro-esofageo è fisiologico e con intensità variabile, si ritrova in ogni lattante e guai se non ci fosse (vedi rigurgito/i e ruttino dopo ogni pasto) considerata la grande quantità di latte e aria che introducono ad ogni poppata. Le confesso che mi fa un po’ impressione sentire che ci sia ancora qualcuno che lo consideri alla stregua di una malattia e abbia consigliato interventi improbabili (cambio di latte e farmaci specifici). Detto questo è anche chiaro che suo figlio è uno dei tanti lattanti (all’incirca il 10%) che soffre di quelle che vengono chiamate da noi pediatri le coliche gassose dei primi 3-4 mesi di vita. Il termine “coliche del lattante” (“infantile colic”) o “coliche gassose” è stato coniato moltissimi anni fa quando è stata anche proposta la regola del “TRE” per sancirne la diagnosi: “un lattante sano e ben nutrito che pianga per più di 3 ore al giorno, per più di 3 giorni alla settimana e per più di 3 settimane di seguito”. Sempre di quegli anni veniva descritta in modo encomiabile la successione degli eventi che il lattante con coliche mette in moto all’interno della famiglia: «quando il bambino si inquieta e piange e sembra essere disturbato da qualcosa, viene di solito apportata qualche modifica nell’alimentazione. In genere la mamma ritiene che il bambino abbia fame e offre un pasto supplementare. Il piccolo succhia il pasto voracemente, ma continua a piangere e mostra di star male. La mamma offre allora ancora un pasto, ma il bambino ancora piange. Nel tentativo di quietarlo lo tiene in braccio, cammina tenendolo in braccio, gli dà pacchette, lo ninnola ballando, lo accarezza, lo dondola. Quando non ottiene risultato, può anche decidere di lasciarlo da solo a piangere… qualche volta la madre è rimproverata dai nonni di non saperci fare: le vengono dati consigli di maneggiare il bambino in maniera diversa, cosa che la rende più insicura e nervosa. Metti nel quadro il padre che rientra nel mezzo della colica a tardo pomeriggio e che protesta perché non riesce a dormire la notte e non sarà difficile credere che la madre del bambino sia tesa, ansiosa ed esausta…. Il malessere del bambino continua e il comportamento della madre diventa a circolo vizioso sempre più inadeguato… I genitori si sentono frustrati e sfiniti fisicamente e possono anche arrivare a esprimere il desiderio che il bambino non fosse mai nato…» (da: “ Le coliche gassose” Medico e Bambino 2006;25:494-503) Detto questo e detto anche che malgrado si chiamino coliche gassose, o del primo trimestre (ma spesso vanno più lunghe di qualche mese), non sappiamo se e quanto sono vere coliche, né se la colpa sia realmente legata ad un’eccessiva aria nell’intestino. Quello che è certo è che il lattante di quella età non sa piangere “a metà strada” ma solo al massimo. E questo oltre ad un segno indiscutibile di buona salute (il bambino che sta male ha un pianto flebile, mai urlante) viene considerato un indizio di forza, supremazia, prepotenza o come si vuol chiamare il fatto che con il pianto il lattante riesce ad ottenere una maggior attenzione (poppate) da parte della nutrice, ma anche dagli altri componenti del gruppo. Sì del gruppo, perché ai primordi della nostra specie l’uomo viveva in gruppi di più famiglie nelle grotte e sappiamo bene che, per noi umani, nulla può risultare più insopportabile e impareggiabile del pianto del lattante con il risultato di attirare l’attenzione di tutti e con questo poter avere un privilegio rispetto agli altri, quelli buoni, quelli che dormono di più e che, inevitabilmente, verranno lasciati per ultimi. Questo che sembra avere un reale substrato scientifico, gliel’ho raccontato per darle una spiegazione (un perché è così bravo a piangere) e con questa la consolazione di pensare di avere un figlio sano e forte e con un carattere da leader. Cordialmente.
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