Ho una bambina che, lo scorso anno all’età di 3 anni
appena compiuti, ha iniziato improvvisamente a balbettare. Premetto che ha
iniziato a parlare relativamente presto (attorno ai 2 anni) con chiarezza ed
utilizzando una varietà di termini molto ampia. La balbuzie inizialmente è
stata sporadica, salvo poi peggiorare bruscamente. La bambina si è accorta
del suo disagio tanto che, una volta, ha iniziato a piangere non riuscendo a
completare la frase e dicendomi “mamma parla tu io non so le paroline”.
Con la morte nel cuore e tanta paura ho cercato di tranquillizzarla quanto
più possibile spiegandole che non era vero che non conoscesse le parole ma
che semplicemente le paroline facevano “a gara per uscire veloci dalla sua
bocca” creando qualche inceppamento. Mi sono mobilitata subito portandola
da una logopedista che, a seguito di un incontro disastroso nel quale,
davanti alla bambina, ha detto quanto fosse ormai grande per usare il
ciuccio e che dovessimo farlo sparire e come lei fosse una “piccola
despota” volendo catturare la mia attenzione anche in questo nodo, ha
stabilito che si trattasse di una balbuzie fisiologica transitoria. Esclusa
una terapia vista l’età della bambina. Effettivamente nel corso delle
settimane successive la situazione è decisamente migliorata, andando quasi
scomparendo quando la bambina ha ripreso l’asilo dopo le vacanze natalizie.
A distanza di un anno la balbuzie si presenta ancora in modo davvero
sporadico, per fortuna non si è più bloccata ma semplicemente ogni tanto
ripete l’inizio della parola più volte prima di pronunciarla, noi reagiamo
con naturalezza non sottolineando nulla ma aiutandola semplicemente a
concludere la frase. Secondo lei è l’approccio corretto? Dovremmo invece
farle intraprendere un percorso di logopedia che, lo scorso anno, ci era
stato assolutamente sconsigliato visto l’età della bimba? Grazie.
Daniela Biatta
Cara mamma,
l’opinione corrente è che la balbuzie sia il risultato dell’interazione di una predisposizione organica, di fattori funzionali come i condizionamenti dovuti ad atteggiamenti errati, di componenti linguistiche / verbali e di influenze ambientali nei rapporti interpersonali. Il linguaggio inizia a svilupparsi viaggiando rapidamente durante l’infanzia: il bambino è bombardato da stimoli linguistici, tattili, acustici, visivi …
In questa fase possono essere presenti difficoltà nella produzione dei suoni o della costruzione delle prime frasi che possono tradursi nella ripetizione di sillabe o parole, nella riformulazione delle frasi, nelle esitazioni o nei prolungamenti e anche nella pause vocalizzate( ehm…e…).
Questa forma di disfluenza verbale può essere transitoria e tipica dell’età, con una risoluzione spontanea, nell’arco di un anno circa dalla sua insorgenza, nel 65% dei casi .
Il logopedista in questa fase compie un intervento diretto di counseling alla famiglia, alla scuola e indiretto di monitoraggio sull’evoluzione del disturbo raccogliendo dati precisi sul bambino e sul disturbo dai genitori .
La fase successiva di intervento si attiva nel momento in cui il bambino inizia a soffrire a causa del difficoltà che incontra nel linguaggio o se si dimostra riluttante a parlare. In questa seconda fase l’approccio prevede due momenti distinti di osservazione dell’interazione genitore-bambino e di interazione diretta della terapista con il bambino stesso. Il ruolo dei genitori è una risorsa fondamentale per il clinico.
Il consiglio che voglio darle è quello di valutare la possibilità di intraprendere il percorso indiretto di counseling e di monitoraggio in questo periodo in cui il disturbo della sua bimba, come lei ha scritto si ripresenta a distanza di un anno in forma sporadica e seguire poi quello che la sua logopedista di fiducia saprà consigliarle.
Con cordialità.
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