Sono una donna di 42 anni e aspetto il mio secondo figlio dopo 15 anni dalla prima gravidanza. Sono alla 10 ma settimana, non è stato cercato quindi non programmato,
onestamente non mi ero accorta perché non dedicava molto tempo a me, l’ho scoperto da qualche giorno in ospedale. Torniamo al problema: mia figlia di 15 anni lo ha preso malissimo addirittura attacchi di panico, sangue dal naso, attacchi violenti e minacce che se ne andrà e sarà triste per sempre, chiedendomi di abortire. Vorrei precisare che ha una vita molto piena, studia
al biologico sanitario, ha una amica fantastica, un fidanzato che l’adora, studia chitarra amata da mamma, papà, nonni, zii insomma vive nell’amore e
serenità. Cosa devo fare?
Angela Raimo
Gentile signora,
innanzi tutto è lei a dover sviluppare dentro di sé la convinzione che non sta togliendo nulla a sua figlia, anzi le sta regalando una nuova fonte di amore, un’opportunità che giudicherà straordinaria, a partire dal momento in cui conoscerà il fratellino o la sorellina. In lei prenderà forma, infatti, l’istinto materno, sentirà il desiderio di prendersi cura e di proteggere il nuovo bambino, ne sarà orgogliosa, sarà felice che ci sia e le piacerà non essere più figlia unica. Ma adesso ancora non lo può sapere, né può servire molto anticiparle quanto di bello accadrà nel suo cuore: per questo occorre attendere che il bambino nasca. La sua sicurezza di essere nel giusto l’aiuterà, cara Michela, a trovare l’atteggiamento migliore da tenere per aiutare sua figlia. Io credo che lei debba spingerla a confidarsi, a esprimere quali sono le paure che prova e perché è tanto arrabbiata per la situazione. Parlare serve moltissimo a ridimensionare ansie e timori. Da parte sua, deve rassicurare sua figlia sull’affetto che prova per lei, senza tuttavia permetterle anche solo di pensare di poter dettare legge. Un figlio non può intimare alla madre di abortire, consentirgli di farlo significa gravarlo di una responsabilità troppo grossa, di un fardello che può diventare insopportabile. Per contro, contenere questi sfoghi entro confini accettabili, un po’ ignorandoli, un po’ mostrandosi fermi sulle proprie posizioni, facendo ben capire che non possono essere influenzate né tanto meno cambiate da minacce o ricatti, è quanto di meglio si possa fare per dare a un figlio adolescente la stabilità e quella sensazione di avere le spalle coperte di cui ha assoluto bisogno. Comprensione, dunque, ascolto, tenerezza, affetto, presenza: tutto questo ci vuole ed è più che consigliabile che lei lo assicuri alla sua ragazzina in un momento tanto delicato. Allo stesso tempo, però, deve farle capire, con poche parole ferme, pronunciate con tono gentile, che non spetta a lei decidere della vita e delle scelte dei genitori. Ristabilire i ruoli, ecco cosa serve. Dopodiché, se vuole, ricorra a una semplice metafora, che non è altro che una breve storia che in questo momento può aiutare sua figlia a superare la paura di essere messa da parte. Se desidera, a racconti così:
Nel bosco c’era un bellissimo albero dalle radici possenti, che a primavera si riempiva di foglie di un verde brillante e di fiori dall’incredibile colore blu da cui, d’estate, si formavano strani frutti dal sapore squisito. Su quest’albero abitava una graziosissima usignola che, siccome stava sempre sola, con il passare del tempo aveva perso la capacità di emettere le deliziose note con cui tutti gli altri usignoli incantavano gli abitanti del bosco. Un giorno l’usignoletta si accorse che tra i rami del suo albero era stato costruito un nido. Si avvicinò con disappunto e, con vero orrore, vide che nel nido era stato deposto un piccolissimo uovo rosato. Vattene! Pensò con rabbia. Via! Via! disse emettendo un suono roco (la voce le si era arruginita proprio). Poi con furia, con il becco iniziò a smantellare il nido, fino a far cadere a terra l’ovettino che, una volta toccato il suolo, si ruppe. L’usignoletta guardò soddisfatta il malanno e fu a quel punto che lo vide. Vide un capino minuscolo e implume, e un altrettanto minuscolo becco che , tremolante, si rivolgeva verso l’alto quasi a chiedere aiuto. Un attimo di indecisione e si precipitò sul neonato: era così piccolo e bisognoso di tutto! Lo prese delicatamente sotto un’ala e con l’altra ritornò sul suo ramo preferito, quindi iniziò a cullarlo mentre, senza neppure rendersene conto, dal suo becco uscirono, armoniose, le note di una ninnananna. Il piccino si addormentò contro di lei, al caldo, al sicuro, mentre l’albero intrecciò i rami al di sotto di loro, affinché si sentissero amorevolmente accolti e non potessero cadere.
Leggetela insieme, saà un bel momento. Se lo desidera, mi tenga aggiornata. Se ha bisogno sono qui. Cari saluti.
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