Ieri ho sottoposto mio figlio di due mesi e mezzo alle prime vaccinazioni obbligatorie. L’operatrice sanitaria mi ha proposto l’antirotavirus, segnalando che si trattava di una vaccinazione raccomandata, che però non essendo tra le obbligatorie dovevo scegliere io se effettuare o no. Ho acconsentito e solo DOPO la somministrazione un medico mi ha elencato i possibili effetti indesiderati, tra cui l’invaginazione intestinale che è un’emergenza chirurgica. La comunicazione mi ha lasciato esterrefatta: non solo si demanda ai genitori la decisione di effettuare un vaccino non obbligatorio (non tutti hanno gli strumenti per decidere se sì o se no, ma tant’è, io personalmente mi fido del termine “raccomandata”) ma addirittura i rischi a cui espone vengono elencati DOPO la somministrazione. Il punto è che se avessi saputo PRIMA della possibilità che l’antirotavirus determini un così grave effetto indesiderato NON AVREI fatto vaccinare il mio bambino (esattamente come non avrebbero acconsentito a farlo altre mamme a cui i rischi sono stati detti, come ame, dopo). Ormai per il mio bambino non si può più fare nulla, quel che è fatto è fatto, tuttavia mi chiedo se una simile modalità comunicativa goda dell’approvazione della comunità scientifica pediatrica o sia addirittura una disposizione che parte dall’alto per ottenere più adesoni possibile alla vaccinazione antirotavirus non obbligatoria. Comunque sia, gli effetti indesiderati gravi (e qui non stiamo parlando di febbricola, malessere, puntini rossi, inappetenza, ma di un’emergenza chirurgica che può portare a morte) secondo me per correttezza devono essere elencati prima, per dare ai genitori la possibilità di scegliere non alla cieca, ma in maniera consapevole.
Risponde il dottor Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it):
“E’ ovvio che i possibili effetti indesiderati di un vaccino raccomandato devono essere elencati prima della somministrazione: l’informazione data dopo serve come invito a prestare attenzione a determinati sintomi, tra cui febbre, pianto di dolore, vomito, feci con sangue, spesso di consistenza gelatinosa, che potrebbero esprimere la comparsa di un danno a carico dell’intestino (l’invaginazione, appunto) ma non riveste alcuna utilità ai fini della scelta di vaccinare o no. Una simile modalità di comunicazione, che non tiene conto della necessità di informare in modo esauriente i genitori per permetterli di decidere con sufficiente cognizione di causa, potendo valutare i pro e i contro prima di dire sì o no a una vaccinazione, è iniziativa del singolo medico e non prassi seguita da tutti i centri vaccinali italiani. Posto tutto questo, il rischio di invaginazione intestinale in seguito alla vaccinazione anti-rotavirus è realmente bassissimo, molto più basso dello stesso pericolo di invaginazione intestinale a cui si trova esposto un neonatino che contrae la gastroenterite da rotavirus. Ed è proprio quest’ultima una delle ragioni per le quali l’anti-rotavirus viene raccomandato dai pediatri: nel rapporto tra rischi e benefici, i secondi superano i primi”.
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