Sono la nonna di un bambino di sette anni, che tengo spesso insieme alla sua sorellina di tre anni. L’altro giorno al parco il mio nipotino non osava unirsi a un gruppo di bambini che giocavano al pallone – e che lo avevano invitato a giocare con loro – perché sosteneva fossero tutti più grandi di lui. Per incoraggiarlo a unirsi a loro ho detto: Scommettiamo che solo uno è più grande di te mentre gli altri sono più piccoli? Lui ha chiesto cosa volesse dire scommettiamo io gliel’ho spiegato, dicendogli che quando ci sono due persone che hanno pareri opposti, prima di controllare (sui libri, chiedendo a un esperto, o verificando di persona) chi dei due ha ragione si può scommettere: uno dei due vince. E’ una specie di gioco che si innesca prima di stabilire chi ha ragione. Ho aggiunto che a volte si mette qualcosa in palio (un gelato per esempio, che chi perde la scommessa paga a chi la vince) oppure semplicemente “l’onore”, ovvero la soddisfazione di avere avuto ragione. Prontamente lui mi ha spiazzato dicendo: Nonna, scommettiamo un euro! (Ha da poco un portafoglio con dentro qualche soldino e ci tiene molto a rimpinguarlo con le piccole mance che riceve). Ho acconsentito, abbiamo appurato l’età dei bambni (chiedendola) e così ho perso la scomemssa. Il mio nipotino ha subito detto che gli dovevo un euro che gli ho dato, spiegando che quando si scommette e si perde è obbligatorio pagare il pegno, aggiungendo che anche questa è una promessa fatta che come tale va mantenuta. La sera il mio nipotino ha raccontato l’accaduto ai suoi genitori che si sono molto arrabbiati con me, perché avevo fatto qualcosa di diseducativo. Il bambino sentiva. Io ho detto che mi dispiaceva. Ora sono preoccupata dall’idea di aver passato al mio nipotino un messaggio immorale. Io con mio nonno scommettevo sempre (caramelle, dieci lire) ma erano altri tempi, allora non si sapevano molte cose. Le chiedo: come posso rimediare al mio errore? Cosa posso dire ancora al bambino affinché si dimentichi la questione delle scommesse? Tamo che proponga ai compagni di scommettere e che i genitori dei suoi amici si diaspiacciano. C”è un modo per rimediare?
Cara nonna,
prima di tutto mi sento di dirle che a prescindere da quanto lei ha compiuto – che, oltretutto, nel caso specifico non appare caratterizzato da nulla di grave – i genitori del suo nipotino non avrebbero dovuto discutere sull’accaduto e muoverle rimproveri in presenza del bambino. Indipendentemente dai diversi punti di vista e, quindi, anche se a loro avviso non avrebbe dovuto insegnare al bambino né che cosa è una scommessa né a scommettere, era senz’altro opportuno che affrontassero l’argomento con lei in separata sede.
Questo dovrebbe valere sempre come regole generale, anche nelle discussioni tra genitori: i familiari adulti non devono disapprovarsi in presenza del bambino perché facendolo in qualche modo lo si spingono a prendere le parti dell’uno o dell’altro, col rischio di produrre in lui ferite anche profonde.
Venendo al punto relativo alla spiegazione da lei fornita su che cosa siano le scommesse e sulla simulazione di una scommessa con il suo nipotino, non è nascondendo l’esistenza dei fenomeni che si aiutano i bambini ad affrontarli con serenità o, eventualmente, se è questo l’obiettivo che si desidera perseguire, a evitarli. Le scommesse fanno parte della nostra vita, nel linguaggio comune si sente spesso dire “scommettiamo?”: c’era da attendersi che prima o poi un bambino di sette anni avrebbe voluto saperne di più.
Se poi i genitori non vogliono che il bambino scommetta è giusto rispettare il loro desiderio, ma non è che spiegando che cosa sono le scommesse o che simulando che cosa sia una scommessa per scherzo tra nonna e nipote si induce il perpetuarsi del comportamento, ovvero si spinge il bambino verso il gioco d’azzardo.
Se lo scopo era quello di aiutare il bambino a crescere, meglio sarebbe stato non sminuire il comportamento della nonna davanti al bambino ma semmai presentare i diversi punti di vista sull’argomento. Va detto, infatti, che “non scommettere” non è un incipit universale, non è sullo stesso piano dell’imperativo “non rubare”, “non fare del male agli altri”, “non mentire” quindi non si può certo dire che lei, scommettendo con il suo nipotino, gli abbia insegnato qualcosa di oggettivamente sbagliato e deprecabile. Era un gioco ed è sicuro, dunque, che lei non poteva immaginare la contrarietà dei genitori, in quanto il suo punto di vista rispetto all’eventualità di scommettere è diverso da quello dei genitori e va contestualizzato alle situazioni.
Forse il rimprovero dei genitori era dovuto all’uso del denaro per saldare la scommessa ma anche in questo caso quanto avvenuto va messo in relazione con la situazione di gioco tra nonna e nipotino. Del resto questo bimbo possiede un portafoglio, quindi evidentemente i genitori lo hanno autorizzato a possedere dei soldi e ad amministrarli. Mi permetto di ipotizzare che qui vi sia un problema di rapporto tra lei e i genitori del suo nipotino che credo sia meglio chiarire al più presto attraverso il dialogo, che dovrà essere il più possibile sincero. Fermo resta che, a mio avviso, in futuro loro non dovranno rimproverarla (men che mai davanti al bambino), ma eventualmente confrontarsi con lei sull’educazione dei figli di cui lei si prende cura, mentre lei dovrà smettere di colpevolizzarsi per i suoi gesti, nel caso in cui non fossero graditi ai genitori. E’ così che tutti insieme lavorerete davvero per il bene del bambino, che non consiste nell’imparare o no che esistono le scommesse, ma nell’apprendere, attraverso il comportamento dei suoi cari, a comprendere e accettare l’”altro” e il suo punto di vista. Quando genitori e nonni sono alleati e si rispettano profondamente offrono infatti al bambino la più fruttuosa tra le lezioni di vita. Con cordialità.
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