“Amico dei bambini”: quando un ospedale lo diventa?

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 07/10/2019 Aggiornato il 07/10/2019

L'Unicef riconosce una struttura ospedaliera realmente vicina alle donne e ai loro piccoli quando assicura un'assistenza umanizzata, che include anche la promozione e il supporto dell'allattamento al seno.

Una domanda di: Lorella
Ho letto che l’IRCCS Ospedale San Raffaele è stato nominato dall’UNICEF Italia Ospedale “Amico dei bambini”. Altri ospedali italiani hanno questa qualifica. Sapete dirmi cosa significa esattamente essere un Ospedale Amico dei bambini? Grazie.

Risponde Lorena Cavalleri, coordinatrice ostetrica dell’area Materno Infantile dell’IRCCS Ospedale San Raffaele: “Per una mamma portare avanti l’allattamento al seno non è sempre semplice, per questo deve essere sostenuta e guidata il più possibile per far sì che impari ad assecondare autonomamente i bisogni del bambino prima di andarsene dal reparto maternità.
E’ questo il presupposto con cui è nata Baby Friendly Hospital Initiative, lanciata nel 1991 dalla World Health Organization e da UNICEF volta a proteggere, promuovere e sostenere l’allattamento al seno e creare nelle strutture sanitarie un ambiente che possa assicurare alla mamma e al neonato un’assistenza realmente a loro misura.
Il 3 ottobre 2019 l’IRCCS Ospedale San Raffaele ha ottenuto la certificazione di Ospedale amico del bambino e questo traguardo è stato possibile attraverso la trasformazione dell’assistenza che ha visto l’applicazione di Buone Pratiche a salvaguardia della salute futura della mamma, del bambino e dell’intera famiglia. Il punto di partenza è sempre e per tutte le strutture l’allattamento al seno, perché il latte materno ha una composizione ideale che provvede alle esigenze del neonato in modo completo: è ricco di proteine, di minerali ed è formato da milioni di cellule vive, cioè di globuli bianchi che, a partire dalle prime poppate, aiutano a rinforzare il sistema immunitario del neonato. I vantaggi non si limitano alla sfera fisica ma toccano anche l’aspetto psicologico, in particolar modo nello sviluppo della relazione affettiva con la mamma che a sua volta risentirà di un maggior benessere psicofisico. Quanto più precocemente comincia ad allattare, tanto più si accelera la ripresa dal parto, l’involuzione dell’utero e diminuiscono i rischi di emorragie e depressione post-partum.
Una delle misure attuate al momento della nascita è il contatto pelle a pelle: in sala parto il neonato, asciugato ma con il cordone ombelicale ancora attaccato, viene messo sul petto della madre. Importantissimo è il rooming-in, cioè la permanenza di madre e bambino nella stessa stanza 24 ore su 24 per i 2-3 giorni di degenza successivi al parto. Questa vicinanza permette alla madre di imparare a conoscere il bambino e i suoi bisogni e a individuare i segnali di fame. Si può così iniziare a mantenere l’allattamento esclusivo attaccando il neonato al seno il più spesso possibile per favorire la produzione di latte. Il lavoro di squadra compiuto da tutti i professionisti dell’area materno infantile del nostro ospedale (e degli altri ospedali “amici dei bambini”) ha permesso di raggiungere questo traguardo, al termine di un percorso cominciato nel 2013 che l’Unicef ha valutato nelle sue varie tappe”.

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