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La contaminazione dei cibi con bassa quantità di acqua è un problema noto. Nel latte in polvere, così come molti altri cibi disidratati, le componenti patogene possono sopravvivere a lungo dopo aver contaminato il prodotto. In particolare, due dei principali componenti patogene sono la Salmonella spp. e il Cronobacter sakazakii, batteri che causano diverse patologie e possono anche risultare letali. Tre anni dopo le direttive internazionali redatte dall’ Espghan nel 2004, Fao e Oms hanno stilato le linee guida per una sicura preparazione, conservazione e manipolazione del latte neonatale in polvere.
Epidemia da latte in polvere
Nel 2017, in Francia si è verificata un’epidemia di Salmonella da latte in polvere che ha coinvolto 39 neonati e messo sotto accusa ben sette differenti marche di latte per l’infanzia. Partendo dall’assenza di evidenze che l’infezione fosse stata causata da metodi inappropriati nel procedimento di preparazione del latte, alcuni ricercatori hanno rivolto la propria attenzione altrove. Concentrandosi su variabili come tempo e temperatura e mettendo a confronto il processo di preparazione delle linee guida con una modalità alternativa, lo studio ha monitorato la capacità di Salmonella e Cronobacter di sopravvivere.
Il metodo alternativo
Seguendo le direttive di Fao e Oms, i ricercatori hanno portato l’acqua a ebollizione per poi lasciarla a temperatura ambiente fino al raggiungimento di 70° C. In parallelo, nel metodo alternativo, l’acqua è stata lasciata raffreddare per soli 10 minuti. In entrambe le procedure è stato poi incorporato il latte in polvere e agitato il tutto per due minuti. Una volta pronti, i due composti sono rimasti a temperatura ambiente per altre due ore (tempo massimo di conservazione indicato dalle linee guida). Infine, per calcolare il livello iniziale di ogni patogeno, gli studiosi hanno preparato un composto “di controllo” unendo una formula contaminata ad acqua a temperatura ambiente.
Tempo e temperatura
Trascorse le due ore, il livello di patogeni contenuti nel latte in polvere preparato seguendo le linee guida era minore rispetto a quello del composto “di controllo”. Analizzando però meglio il latte, i ricercatori hanno individuato cellule di salmonella e Cronobacter ancora attive, cosa che non si è verificata nel latte preparato secondo la procedura alternativa. La differenza tra le due modalità di preparazione del latte è da ricercare proprio nelle variabili di tempo e temperatura. Nel procedimento alternativo, al momento della miscelazione l’acqua ha mantenuto una temperatura di 85-89° C, con una temperatura finale massima di 76° C. Nella preparazione suggerita dalle linee guida, la temperatura registrata era invece di soli 60-57,5° C.
Alzare la temperatura
Come dimostrato dai risultati della ricerca, preparare latte in polvere partendo da acqua a 70° C porta a un raffreddamento troppo rapido del composto, che non permette di abbattere completamente eventuali componenti patogene. Utilizzando, invece, acqua ad almeno 85° C il latte in polvere raggiunge una temperatura che risulta letale per Salmonella e Cronobacter, riducendo al minimo i rischi associati.
Alcuni suggerimenti
Occorrerà approfondire il tema, ma i ricercatori suggeriscono di iniziare a migliorare la sicurezza del latte in polvere fornendo ai genitori informazioni dettagliate sul come inattivare eventuali componenti patogene, attraverso una procedura di preparazione facile da attuare in casa. I consigli degli esperti vanno poi ai reparti di maternità. Dove si curano neonati prematuri è, infatti, preferibile prediligere latte formulato liquido rispetto a quello in polvere, così da ridurre il rischio di sviluppare infezioni.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6155361/
http://www.fao.org/newsroom/en/news/2007/1000624/index.html
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30024862
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