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A distanza di sei anni, dopo la guarigione da Hiv di un paziente di Berlino grazie a un trapianto di midollo, un altro caso di guarigione da Hiv. Si tratta di una bambina degli Stati Uniti nata due anni fa con l’Hiv perché la mamma ne era affetta, ma non lo sapeva. La neonata con Hiv è stata sottoposta subito nelle prime 30 ore dal parto a terapia antiretrovirale. Ebbene, a distanza di due anni è guarita, senza più segni della malattia. Una notizia sensazionale che sta facendo già discutere la comunità scientifica.
un cocktail di tre farmaci
La neonata statunitense con Hiv è stata quindi sottoposta a una cura farmacologica precoce con tre farmaci. La piccola è stata visitata dai medici dopo un’interruzione di circa 8 mesi della terapia, scoprendo che il virus non si era più riattivato.
un caso da studiare a fondo
“Quello che è successo nel caso citato, ovvero che la madre non sapeva di essere sieropositiva al momento della gravidanza è l’eccezione, non certo la regola” spiega Andrea Antinori, infettivologo dell’istituto Spallanzani di Roma, dagli Usa, dove sta partecipando ai lavori della 20esima Conferenza sui Retrovirus e le infezioni opportunistiche (Croi) di Atlanta, la stessa in cui stanno per essere presentati i risultati di questo caso eccezionale dalla virologa Deborah Persaud del John Hopkins Children’s Center, che ha somministrato la cura alla neonata con Hiv. In genere, durante la gravidanza “le donne Hiv positive sono sottoposte alla terapia antiretrovirale, che è preventiva nella gran parte dei casi sull’infezione del nascituro e che rimane lo strumento fondamentale per la prevenzione dell’Hiv nei bambini nati da madre infetta” spiega Antinori, che aggiunge ancora: “Il caso è sicuramente una fonte straordinaria di informazioni per tutti i progetti in corso sull’eradicazione e può rappresentare un modello biologico unico, diverso e forse maggiormente informativo del paziente di Berlino. Ci sono infatti segni virologici di infezione senza evidenza di attività virale. E tutto questo senza che ci sia più una terapia in corso”. Il virus però non è scomparso del tutto, sono rimaste piccole tracce, come spiega ancora il virologo: “Nel caso descritto da Deborah Persaud, a distanza di 26 mesi dalla nascita vi è ancora debole evidenza di infezione virale, ma a bassissimo livello e in quantità non rilevabile da metodiche standard ma solo da tecniche ultrasensibili”.
il test rimane negativo
Anche il test sugli anticorpi certifica la guarigione. “Gli anticorpi anti Hiv, ovvero il test che determina la diagnosi di sieropositività nella pratica corrente, rimangono al momento negativi – continua Antinori -. E questo avendo già sospeso la terapia dal 18° mese di vita, quindi a 8 mesi dalla sospensione del trattamento. Una terapia precocissima può prevenire lo stabilizzarsi dell’infezione dei reservoirs virali ma, in attesa di ulteriori informazioni, possiamo dire che le condizioni di precocità di trattamento sperimentate nel caso della bambina americana sono molto difficili da replicare nel soggetto adulto che si infetta”.