Non è solo il fatto che sia giunta a 96 anni che sorprende, di persone anziane come e più di lei ce ne sono tante. Lo straordinario è il “come” sia arrivata alla sua età: con la mente lucidissima e in ottima condizione di salute generale. La Regina Elisabetta addirittura, lo scorso febbraio è stata contagiata dal coronavirus ma, pur appartenendo per ragioni anagrafiche alla categoria dei “fragili” che, si sa, tendono a sviluppare l’infezione in forma gravissima e ad andare incontro a convalescenze complicate, ha accusato solo sintomi lievi e sconfitto la malattia in poco più di una settimana.
Il professor Francesco Landi (nella foto), presidente della Società italiana di geriatria e gerontologia è con noi per analizzare lo stile di vita della regina, in cui sono racchiusi i segreti del suo invidiabile modo di invecchiare. Non è mai troppo tardi per impararli e poi metterli in pratica ma, come è ovvio sia, se si apprendono da bambini grazie all’esempio dei genitori aumentano sensibilmente le probabilità di garantirsi sia la longevità fisica sia la longevità cognitiva. Insomma, il seme della “buona vecchiaia” va gettato nell’infanzia.
La regina Elisabetta ha 150 milioni di sudditi e anche se il suo ruolo è più formale che di sostanza (sappiamo che i tre i poteri dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, di fatto sono in mano al Parlamento) di responsabilità ne ha tante come numerosi sono i suoi impegni pubblici. Per esempio, ogni settimana riceve il primo ministro a cui espone il proprio parere su varie questioni di governo ed è suo arbitrio approvare o respingere i progetti di legge. Professore, l’inevitabile stress che comporta questo ruolo di fatto gravoso aiuta o no la sovrana a mantenersi così lucida nonostante l’età?
<<Certamente i suoi compiti istituzionali costituiscono un esercizio intellettuale benefico per il cervello. Spesso il declino mentale delle persone anziane è fortemente favorito dalla solitudine e dalla sensazione di non servire più, di essere diventate inutili. Elisabetta II si sente amata, non è mai sola, l’adempimento dei suoi doveri nei confronti dei sudditi e del regno è quotidiano, non c’è nulla di meglio per tenere lontano lo spettro della depressione, una minaccia costante per chi, dopo una certa età, viene messo da parte. E oggi si sa che la depressione non di rado è l’anticamera dell’Alzheimer. Lo stress davvero nocivo per il cervello non deriva dall’impegno mentale quanto piuttosto dall’isolamento sociale, dalla perdita del ruolo che si aveva prima di invecchiare>>.
Professore, la regina deve comunque avere per forza geni buoni. Sua madre, infatti, è morta a più di 100 anni. Possiamo pensare, dunque, che la fortuna di invecchiare così bene sia dovuta anche all’ereditarietà?
<<Certo la genetica ha un suo peso, ma attenzione da soli i geni di qualità non bastano proprio. Ormai da tempo è stato dimostrato che comportamenti e abitudini sbagliati, prima tra tutte il fumo di sigaretta, possono minare lo stato di salute anche se si possiedono i migliori geni del mondo. Per contro, se si segue uno stile di vita davvero sano, di cui è parte integrante non concedersi mai alcun eccesso, ci si può garantire a lungo l’efficienza psicofisica anche se i propri geni non solo perfetti. La branca della genetica che si occupa dell’interazione tra geni e ambiente e di come i fattori esterni possano interagire nel bene e nel male con le caratteristiche ereditarie si chiama epigenetica>>.
Nell’immaginario collettivo è ben radicata la convinzione che Elisabetta II sia arrivata a questo traguardo anagrafico in una forma psico-fisica non proprio comune grazie agli agi, all’assenza di qualunque preoccupazione economica, al lusso che la circonda, alla ricchezza di cui può disporre a piene mani. Cosa ne pensa?
<<No, non lo credo. Sono convinto che i soldi non solo non facciano la felicità, come recita un vecchissimo proverbio, ma neppure la longevità. Ne è la prova il fatto che i luoghi del mondo in cui si vive più a lungo non sono abitati da gente particolarmente danarosa. Per esempio, a Loma Linda, una città della California, risiede una comunità di persone, il cui nome è Avventisti del settimo giorno, che vivono circa 10 anni in più rispetto alla media della popolazione statunitense. Conducono un’esistenza modesta sotto il profilo materiale, ma sono estremamente attenti alla loro salute: sono vegetariani, fanno regolarmente attività fisica, non fumano e non bevono alcolici. Seguono il criterio della morigeratezza che è più o meno lo stesso a cui si attiene la regina Elisabetta>>.
Si dice però che la regina non disdegni l’alcol. Anzi. Secondo i suoi biografi si concede ogni giorno un aperitivo a base di gin, beve vino ai pasti, italiano pare, e alla sera sembra si conceda abitualmente una coppa di champagne. Come la mettiamo su questo fronte?
<<Posso dire? Penso che sia solo una leggenda. Non credo ci sia nulla di vero nella voce che vuole la regina quasi un’alcolista. Dubito proprio che lo stuolo di medici che si prendono cura di lei lo permetterebbero. Probabilmente si concede un po’ di vino ai pasti, di ottima qualità. Questo sì lo si può fare, ma non in gravidanza né in allattamento né tanto meno durante l’infanzia e l’adolescenza. Diciamo che una persona adulta in buona salute, al di fuori della gravidanza e dell’allattamento, può assumere senza esporsi a rischi un bicchiere di vino buono al giorno>>.
Per quanto riguarda l’alimentazione è noto che la regina sceglie sempre piatti semplici, mangia pesce, consuma quattro piccoli pasti al giorno, ma è golosa di cioccolato. Può essere una buona idea imitare il suo schema dietetico?
<<Assolutamente sì, se è vero che assume spesso pesce, mangia solo carne bianca, accompagna le pietanze con verdure e limita le quantità di pasta e riso e le occasioni in cui li consuma. Per quanto riguarda il cioccolato, alimentazione sana non vuol dire privarsi di tutto sempre e comunque. Concedersi qualche piccolo sfizio di tanto in tanto male non fa. L’importante è non esagerare per quantità e frequenza. L’imperativo categorico a cui obbedire è questo>>.
C’è del vero nella teoria secondo cui le basi per una buona vecchiaia si costruiscono anche attraverso l’alimentazione, proprio nei primi anni di vita?
<<È davvero così. Noi geriatri abbiamo imparato dai pediatri che è nei primi 1000 giorni di vita che si pone un’ipoteca sulla futura salute. È nei primi giorni di vita che si forma il microbiota intestinale, che tanta importanza riveste per sostenere l’efficienza del sistema immunitario. È dei genitori e anche dei nonni il compito di proporre al bambino una dieta salutare, quale è la nostra mediterranea, che la scienza ha dimostrato essere l’unica che consente di prevenire i disturbi cognitivi legati all’invecchiamento fisico. Ma naturalmente per insegnare a “mangiare sano” è irrinunciabile l’esempio. L’arrivo di un bambino deve rappresentare l’occasione per tutta la famiglia di mangiare in modo corretto>>.
Una delle caratteristica di Elisabetta II è l’ironia. Adora che i suoi figli e nipoti le regalino oggetti spiritosi (e di poco costo) ed è capace di battute argutissime, degne del famoso umorismo inglese. Serve anche questo a vivere più a lungo?
<<Credo di sì. Il senso dell’umorismo denota la capacità di affrontare la vita con una certa leggerezza, e l’altrettanto importante abilità di scovare in qualunque circostanza almeno un aspetto per cui sorridere. Questo aiuta la resilienza, che è la capacità di non soccombere quando la vita mette di fronte a prove molto dure>>.
La regina è molto disciplinata. Deve seguire sempre un protocollo rigido, non può lasciare che le sue emozioni trapelino in pubblico, deve sempre mantenere un atteggiamento misurato, elegante. Anche questo può essere d’ispirazione per assicurarsi la longevità?
<<Apprendere alcune regole e saperle applicare ogni volta che la circostanza lo richiede senza dubbio favorisce la possibilità di essere accettati nell’ambiente in cui si vive e, quindi, la fiducia in se stessi, che aiuta se non a vivere più a lungo di sicuro a vivere bene. Il rigore della regina, che sarebbe assurdo pretendere e attendersi dalle persone normali, è dunque un modello, un esempio>>.
Elisabetta II ama i cani, ha sempre avuto cani. I cultori della pet therapy sostengono che anche ai suoi cari Corgi vada il merito della sua quarta età così straordinaria. Lei cosa ne pensa?
<<Credo che ci sia del vero. Avere un cane, al di là della compagnia piacevole che assicura, costituisce un impegno cognitivo e fisico. Di un cane ci si deve prendere cura, e avere un essere vivente di cui occuparsi è uno stimolo prezioso per il cervello. Inoltre, possedere un cane spinge a uscire all’aperto, suggerisce di camminare, quindi di dedicarsi a una delle attività fisiche più benefiche nella terza e nella quarta età>>.
Dunque anche l’attività fisica è importante se ci si vuole assicurare una lunga vita?
<<Più che importante, direi irrinunciabile. Non a caso la regina Elisabetta ha sempre camminato molto, con i suoi cani, all’aria aperta, nella natura. Tutti dovrebbero farlo. Per quanto riguarda i bambini, correre, saltare, fare sport è un loro inviolabile diritto. Tutti i bambini dovrebbero imparare a nuotare o, comunque, tutti dovrebbero avere la possibilità di dedicarsi a un’attività fisica di loro gradimento. Anche qui senza esagerazione, con buon senso>>.
Una volta raggiunta l’età adulta e, soprattutto, dopo essere entrati nella terza età è troppo tardi per recuperare quanto si è eventualmente perduto fino a quel momento? In altre parole, se non si è mai stati attenti alla propria alimentazione, è stata condotta una vita sedentaria e magari si è fumato non si può più fare nulla per migliorare la propria aspettativa di vita?
<<No, non è mai troppo tardi, anche se è ovvio che prima si comincia meglio è. Non iniziare mai è quanto di peggio si possa fare per se stessi. A qualsiasi età chiudere con le cattive abitudini significa avere maggiori probabilità di avere davanti a sé anni caratterizzati da una migliore efficienza sia fisica sia mentale>>.
Fonti / Bibliografia
- SIGG Società Italiana di Gerontologia e GeriatriaLa SIGG Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, fondata a Firenze il 28 aprile 1950 su iniziativa del Professore Enrico Greppi, promuove e coordina gli studi sulla fisiopatologia della vecchiaia, affrontandone anche gli aspetti di ordine sociale.