Si pensava che la poliomielite, incubo dei nostri nonni e bisnonni, fosse ormai quasi scomparsa dalla faccia della Terra. A parte i focolai tuttora attivi in Pakistan e Afganistan, infatti, la maggior parte del mondo (Italia ed Europa comprese) era stata dichiarata “polio free” grazie all’obbligo vaccinale in vigore da più di 50 anni. L’obiettivo infatti era, ed è ancora, quello di eradicare la malattia, come era già successo per il vaiolo.
Il ritorno della poliomielite
Invece questa speranza è stata infranta brutalmente dalla guerra nella Striscia di Gaza: la distruzione degli impianti igienici e degli scarichi e la mancanza di acqua potabile hanno provocato il ritorno del poliovirus, la cui presenza è stata accertata in un bimbo di 10 mesi, non vaccinato, colpito da paralisi flaccida acuta, il sintomo più pericoloso della malattia.
Il rischio epidemia
Ma il grosso rischio è che la malattia si diffonda rapidamente senza venire riconosciuta, dato che nella maggior parte dei casi si manifesta con sintomi aspecifici, simili a quelli di una banale influenza, e dunque sottovalutati. Contrariamente alle pessimistiche previsioni iniziali, però, le dosi di vaccino messe a disposizione dalle Nazioni Unite stanno riuscendo ad andare a destinazione, sia pure tra mille pericoli e difficoltà. Grazie a un accordo tra l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e Israele per concedere pause umanitarie dalla guerra, è infatti iniziata una vaccinazione di massa che mira a immunizzare 640 mila bambini, anche se le condizioni in cui agiscono gli operatori sanitari e in cui si trovano i piccoli e le loro famiglie restano comunque difficili e pericolose.
L’importanza della prevenzione
Il ritorno imprevedibile della polio offre in ogni caso uno spunto di riflessione sulla necessità di non mollare mai le redini della prevenzione, neanche in un Paese come il nostro che sembra aver superato da tempo il rischio di epidemie. Molti genitori diffidano delle vaccinazioni, pensano che siano pericolose o che comunque sollecitino troppo il sistema immunitario ancora immaturo dei più piccoli e contestano l’obbligatorietà imposta dal nostro Servizio sanitario nazionale.
Il rovescio della medaglia
Forse i genitori “contro” non valutano abbastanza che cosa succederebbe se ci fosse una totale libertà di scelta. All’inizio forse la situazione non cambierebbe molto perché si vivrebbe di “rendita”: la copertura vaccinale ottenuta fino a ieri servirebbe probabilmente a ridurre comunque la circolazione delle malattie. Ma poi, a mano a mano che le vaccinazioni dovessero diradarsi, gli agenti patogeni prima tenuti lontano comincerebbero di nuovo a imperversare colpendo per primi i bimbi più deboli e indifesi, e in particolare quelli che per le loro condizioni di salute non possono essere vaccinati. Ed ecco che si ritorna alla famosa immunità di gregge, alla necessità di vaccinare il più possibile di individui per proteggere non solo loro stessi, ma anche tutte le persone fragili che non possono essere vaccinate.
Riapertura delle scuole, un momento cruciale
Il problema è particolarmente attuale anche a causa della riapertura delle scuole: dopo il distacco estivo, il ritorno dei bambini a stretto contatto l’uno con l’altro facilita la trasmissione reciproca di virus e batteri alimentando lo sviluppo di malattie che le vaccinazioni possono evitare o almeno minimizzare. Tanto più che tutte le vaccinazioni disponibili per i bambini e gli adolescenti, sia obbligatorie sia raccomandate, sono offerte gratuitamente dal Servizio sanitario.
Un suggerimento ai genitori
Il consiglio per i genitori è dunque quello di cacciare ogni dubbio e lasciarsi guidare da chi ha più esperienza di noi. Sì dunque senza timori alle vaccinazioni, non solo le obbligatorie, ma anche le raccomandate come quelle contro il rotavirus (che difende dalle forme più serie di diarrea), lo pneumococco (anti polmonite), il virus influenzale, il meningococco di tipo B e di tipo ACWY (prevengono le varie forme di meningite). E non dimentichiamo i richiami, anch’essi sottovalutati, ma indispensabili per rinnovare nel tempo l’efficacia dei vaccini.