Capita molto spesso. Finché le malattie non si manifestano in modo violento, si tende a ignorarle senza minimamente preoccuparsi dei loro potenziali effetti devastanti. Salvo poi svegliarsi all’improvviso per correre ai ripari quando magari è ormai troppo tardi. Come è successo recentemente per la meningite da meningococco C in Toscana – dove si verificano cronicamente piccole epidemie (con 6 decessi solo nel 2016) -, e a Milano, dopo la morte delle due studentesse di chimica dell’Università Statale.
Solo quando la minaccia è arrivata in casa propria, insomma, ci si è decisi a ricorrere alla vaccinazione: con il risultato che le Asl, travolte dalla valanga di richieste, si sono ritrovate sprovviste di scorte e costrette a rimandare molti appuntamenti al 2017, in attesa dei rifornimenti.
Da tempo il ministero della Salute lancia il suo appello ai genitori con campagne di sensibilizzazione volte a far vaccinare i figli contro il meningococco (soprattutto di tipo C e, più recentemente, anche di tipo B, i ceppi più diffusi nel nostro Paese).
Sono però in pericoloso aumento i genitori che si oppongono, convinti della non sicurezza dei vaccini, nonostante numerosi studi in proposito abbiano dimostrato il contrario.
Per quasi tutte le malattie prevenibili, infatti, in Italia siamo sotto la soglia del 95% di copertura vaccinale prevista dall’Organizzazione mondiale della sanità: la richiesta di vaccinazione sale soltanto per la meningite dopo i casi in Toscana e Lombardia.
Ma la meningite non è una sola. Oltre a quelle causate dai vari ceppi del meningococco, ce ne sono altre ancora più diffuse, provocate da altri batteri pericolosi come lo streptococco e l’emofilo (per ciascuno dei quali esiste un vaccino efficace e sicuro). Perché dunque non proteggere preventivamente i propri piccoli?
Perché non proteggerli anche dalle numerose altre malattie, ben più comuni della meningite ma non meno pericolose (come per esempio il morbillo, la rosolia, la parotite, la varicella), per le quali esiste da tempo un vaccino?
Nel 2016, oltretutto, i casi di morbillo sono più che raddoppiati, con complicanze serie nel 44 per cento degli ammalati. Emblematico a questo proposito il caso della neomamma di Massa che, avendo manifestato i sintomi del morbillo subito dopo il parto, ha messo in allarme tutte le altre neomamme ricoverate nello stesso momento. Per fortuna senza conseguenze, grazie al tempismo con cui l’ospedale si è attivato per isolare la puerpera infetta ed effettuare i relativi controlli di accertamento su tutte le persone a rischio di contagio.