La notizia sugli effetti cancerogeni della carne lavorata, e di quella rossa in genere, ha messo in ansia un po’ tutti noi, ma soprattutto le mamme, che si domandano preoccupate se sia corretto darla al bambino (visto che è importante per il suo valore nutrizionale) e, se sì, di che tipo e in che quantità.
Come ormai noto, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha inserito la carne processata (cioè lavorata per essere conservata mediante salatura, stagionatura, affumicatura, aggiunta di conservanti, come i salumi e la carne in scatola) nel gruppo 1 delle “sostanze cancerogene”, vale a dire allo stesso livello di pericolosità del fumo di sigaretta. La carne rossa non trattata è stata messa invece nel gruppo 2, quello delle “probabili sostanze cancerogene”.
Oltre che per i conservanti e i metodi di lavorazione (che riguardano la carne processata), la carne rossa (manzo, maiale, cavallo, montone, ma anche vitello, capretto e altro) è sotto accusa per la sua ricchezza in mioglobina ed emoglobina (le proteine di colore rosso che permettono l’ossigenazione, presenti rispettivamente nei muscoli e nel sangue, in misura minore negli animali giovani) e, soprattutto, per i metodi di cottura a rischio di bruciacchiature, come grigliata e frittura.
Per tutti questi motivi, la carne rossa, una volta ingerita e trasformata dall’organismo, potrebbe dare luogo nell’intestino alla formazione di ammine eterocicliche, sostanze potenzialmente cancerogene.
In realtà i risultati di questo studio (che ha valutato e confrontato le ricerche effettuate negli ultimi 10-20 anni) erano già noti da tempo. Tant’è vero che i pediatri e i nutrizionisti raccomandano da sempre di variare molto l’alimentazione, per ridurre il rischio di accumuli di eventuali sostanze dannose, e di evitare il più possibile le cotture a rischio.
A questo va aggiunto il concetto di eccesso. Mai esagerare. Se il bambino vuole mangiare sempre e solo salumi e hamburger, non è assolutamente il caso di accontentarlo. Non deve mai passare il concetto “gli do quello che vuole, altrimenti non mangia”.
Ma una porzione di prosciutto ogni tanto non costituisce un pericolo per la salute, soprattutto se accompagnata da alimenti protettivi come la verdura e la frutta.
Va precisato, oltretutto, che le carni lavorate sono tante e non sono tutte uguali: da Paese a Paese cambiano le materie prime di partenza, gli additivi utilizzati, i controlli di sicurezza. E in Italia siamo all’avanguardia: i metodi di lavorazione sempre più sicuri hanno reso possibile negli anni una drastica riduzione (e in alcuni casi l’eliminazione) dei conservanti in tutti i salumi di qualità (soprattutto dei nitrati e dei nitriti, peraltro spesso necessari per la loro efficace azione antibatterica). Cosa che, invece, non avviene in altri Stati, per esempio negli Stati Uniti.
Chiarita la situazione, la raccomandazione più importante dei pediatri resta in ogni caso quella di non cambiare le basi dello svezzamento e dell’alimentazione infantile, di non passare, per un malinteso senso di prevenzione, a una dieta esclusivamente vegetariana o addirittura vegana.
In tutto, come sempre, servono equilibrio e buon senso: la carne va data ai piccoli una o due volte alla settimana, facendo attenzione alla qualità, variandone il più possibile i tipi e prediligendo la cottura al forno o in umido.
E ricordando che le proteine, di cui è ricca appunto la carne (rossa e bianca), si possono assicurare ai piccoli anche attraverso altri alimenti, come pesce, uova, latte e latticini, oltre che legumi e cereali in abbinamento.
“Posso dare il prosciutto al mio bambino?”
A cura di
Silvia Huen
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Dopo l’allarme lanciato dagli esperti sui possibili rischi legati al consumo di carne rossa, e in particolare di quella lavorata, è naturale chiedersi se sia il caso di continuare a portarla in tavola o di eliminarla dalla dieta del piccolo
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