La rabbia delle mamme

Silvia Huen A cura di Silvia Huen Pubblicato il 07/10/2020 Aggiornato il 07/10/2020

A rimetterci sono sempre loro, le mamme, comunque vadano le cose. Gestione della casa, impegno sul lavoro, organizzazione della famiglia, controllo dei figli. Tutto finisce sistematicamente per ricadere sulle loro spalle. Figuriamoci in tempi di Covid 19

Si erano “abituate” a fare i cosiddetti salti mortali per far quadrare ogni cosa dall’alba al tramonto, e perfino durante la notte, in modo mettere d’accordo gli impegni di lavoro con quelli famigliari, le esigenze del compagno con quelle dei figli, gli orari di ufficio con quelli della scuola. Tanto da meritarsi il titolo di multitasking… Non che fosse semplice essere multitasking per una mamma, anzi, ma almeno, sia pure tra sforzi e sacrifici, si era trovato il modo per adeguarvisi, per restare in equilibrio.
Adesso invece tutto è cambiato, per colpa di un nemico invisibile, un microbo mille volte più piccolo di un già microscopico batterio… Adesso tutto è diventato inconsistente e sdrucciolevole, non c’è più nulla di sicuro, non un riferimento certo cui appellarsi. Ti guardi intorno e vedi solo ansia, preoccupazione, instabilità, precarietà. E, soprattutto, mancanza di un disegno vero e proprio da parte delle autorità. Nessuno sa dirci cosa fare e, quando tenta di farlo, poco dopo fa marcia indietro e propone altre direttive.

E non è una faccenda solo nostra. Noi siamo ancora tra i migliori, un modello per molti. Tutto il mondo sta soffrendo in questo momento, non solo per la minaccia Covid 19, ma per la mancanza di linee guida chiare e sicure. Le mamme, tuttavia, soffrono di più.

Nel recente passato gli asili ospitavano i piccoli fino a una cert’ora, in modo che le mamme lavoratrici potessero organizzarsi per andarli a prendere all’uscita. Adesso che gli asili chiudono prima, non è più possibile perché tre o quattro ore di baby sitter sarebbero una spesa fuori budget, insostenibile per la maggior parte delle famiglie.

Stesso discorso per le scuole: mancano un sacco di insegnanti e allora che si fa? Si finiscono prima le lezioni e si fanno uscire i bambini in anticipo. E a chi tocca risolvere il problema? Proviamo a indovinare…
Ma c’è di peggio. Il bambino ha un po’ di moccio al naso (da sempre tipico disturbo stagionale) ed ecco che ti chiamano con urgenza e tu, mamma, devi correre subito a prenderlo (lasciando il lavoro) e magari anche portarlo a fare il tampone e, in attesa dei risultati, metterti in quarantena…

Certo, per le scuole si tratta di una questione di sicurezza, ma a volte perfino i pediatri finiscono per rifiutarsi di fare tutti quei tamponi. Ed è subito polemica, con i genitori a barcamenarsi nel bel mezzo.

E veniamo al problema dei nonni. Chi prima del lockdown chiedeva aiuto ai nonni oggi non può più farlo per non esporre i più fragili a un potenziale rischio di contagio. In loro mancanza, ci sono le baby sitter, è vero, ma quante famiglie possono davvero permettersele?

Altro punto delicato e molto discusso: lo smart working. Alcune aziende l’hanno concesso, altre no, altre ancora l’hanno richiesto qualche giorno sì e qualche giorno no. Ci sono lavoratrici che lo vorrebbero ma non lo ottengono e altre che, pur lavorando da remoto, non riescono comunque a risolvere tutti i problemi. Tanto che c’è da domandarsi se il “lavoro intelligente” sia davvero d’aiuto per le mamme.

Dalle ricerche effettuate in proposito risulta che, proprio per i presunti vantaggi dello smart working, il peso della gestione della casa e dei figli (scuola compresa) ricade completamente sulla donna, oberandola di impegni sovrapposti e difficilmente districabili.

La conclusione è sempre la stessa: a rimetterci sono sempre le mamme. Legittima e condivisibile la loro rabbia.

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