Cara mamma, caro papà, non dire mai: ah, ma tanto mio figlio è saggio, certe cose non le fa. Non essere sicura/o che non si lasci attrarre anche lui dal bisogno (fortissimo a quella età) di farsi notare, rispettare e accettare dai suoi coetanei. Perché è di questo che si tratta: dimostrare di avere fegato, cimentandosi in sfide pericolose che, filmate e pubblicate sui social, facciano guadagnare il rispetto dei compagni con una pioggia di “mi piace”.
Stiamo parlando di adolescenti e pre-adolescenti fra i 12 e i 15 anni, ragazzi apparentemente sereni e tranquilli, sulla cui condotta nessun genitore potrebbe avere il minimo sospetto. E invece…
È di qualche giorno fa la tragica notizia di un dodicenne di Torino trovato in fin di vita con un laccio al collo dalla sorella quindicenne e poi morto sull’ambulanza. Non si sa ancora con certezza se si sia trattato di un “gioco” finito male o di suicidio, ma anche il suicidio fa parte dei giochi più estremi. Pare tra l’altro che il ragazzino abbia lasciato scritto “Voglio sparire”…
Altro caso recente è quello del quattordicenne di Tivoli trovato dai genitori svenuto in bagno con il cavo della playstation stretto intorno al collo e subito soccorso. Le pratiche di rianimazione gli hanno salvato la vita, anche se non si sa ancora se abbia riportato danni permanenti dovuti alla prolungata carenza di ossigeno al cervello. Ma la cosa più angosciante è che il ragazzo non voleva suicidarsi, ma solo sottoporsi al Choking game, il terribile “gioco” del blackout o dello svenimento autoindotto, che aveva visto in un video su Youtube (obiettivo finale del gioco è quello di “risvegliarsi”, dopo la prova di coraggio, con una sensazione di euforia da condividere sul web).
Questo gioco oltretutto non è nuovo in Italia: altri casi sono stati oggetto di cronaca nel recente passato a Padova, a Bressanone, a Rovigo, ma certo non sono i soli e, quel che è peggio, non sono esenti dal rischio di conseguenze per la salute.
Le sfide tra adolescenti purtroppo esistono da sempre, ma oggi fanno molta più paura perché dilagano sul web a una velocità incredibile, dall’America all’Europa in tempo reale, diventando così alla portata di tutti. Non solo.
Il Choking game non è affatto l’unico, né l’ultimo. L’ultima assurdità, non nuova ma tornata in auge, si chiama Condom snorting, è un’invenzione dei teenagers americani e consiste nell’infilarsi un preservativo in una narice per poi aspirarlo fino alla gola e tirarlo fuori dalla bocca (col rischio che possa soffocare o essere inghiottito).
Per non parlare del Tide pod challenge, l’ultima moda americana di masticare una capsula di detersivo per lavatrice fino a mangiarla e ingoiarla, col conseguente rischio di intossicazione e lesioni interne. Oppure del Blue Whale (Balena Blu), nato in Russia e balzato alla cronaca l’anno scorso, che incita a un autolesionismo progressivo fino al suicidio (e coinvolge i ragazzini più vulnerabili e indifesi, quelli che già soffrono perché si sentono esclusi e pensano che la vita sia una schifezza).
Ma le “prove di coraggio” sono infinite: dai selfie sdraiati sui binari mentre il treno sta arrivando all’attesa a terra di un’auto a tutta velocità, dai passaggi da un balcone all’altro alle corse sui tetti…
Il tutto senza che i genitori sospettino nulla, salvo quando capita l’incidente. Invece bisognerebbe riuscire a prevenire simili comportamenti… Certo non è un’impresa facile per un genitore, ma almeno provarci è necessario.
Prima di tutto – dicono gli psicologi – prendendone coscienza, aprendo gli occhi e informandosi. Poi cercando di mettersi nei panni dei ragazzi per capire perché si possa arrivare a tanto. E pensare che anche il proprio figliolo potrebbe essere attratto da questi giochi perversi pur di guadagnarsi consensi e approvazione dai suoi simili.
Dunque è fondamentale stargli vicino, seguirlo con discrezione nel suo percorso di crescita e maturazione, tenendolo sempre sotto controllo, ma senza darlo a vedere, senza “alitargli sul collo” o sottoporlo a spiacevoli quanto inutili interrogatori. Indispensabile, poi, essere sempre disponibili al dialogo e alla comprensione, senza giudicare né, peggio, condannare il suo comportamento, ma anzi ascoltando le sue ragioni e condividendo il suo punto di vista. E, soprattutto, facendolo sentire amato, rispettato, importante.