I bambini piccoli – come ben sanno le mamme e i papà – si ammalano di continuo e in particolare durante la stagione fredda.
Passano dal raffreddore al mal di gola, dalla tosse all’otite e, appena sembrano guariti, ricominciano daccapo, magari con l’aggiunta di febbre più o meno elevata. Un po’ perché il loro sistema immunitario è ancora per così dire in rodaggio e un po’ anche perché, a differenza dei più grandi, non hanno l’obbligo della mascherina.
Quest’anno però il problema è molto più complicato a causa del rischio di Covid 19. Basta che il piccolo tossisca o abbia qualche linea di febbre che subito scatta il sospetto di Coronavirus, con annesso obbligo di tampone e quarantena precauzionale per lui e per la sua famiglia (oltre che per l’intera classe nel caso vada già scuola e risulti positivo al tampone). Una prassi necessaria, ma che certo non rende la vita facile in famiglia.
I genitori si chiedono anche se sia proprio necessario sottoporre il piccolo a una pratica invasiva e spiacevole come il tampone, se non esista qualche altra soluzione, se non sia meglio effettuare il test sierologico che comporta solo un piccolo prelievo di sangue…
Cerchiamo allora di chiarire quali sono le differenze tra i vari test a disposizione e quando vanno fatti.
Se il bambino manifesta sintomi come febbre, tosse, mal di gola e quindi c’è il sospetto che possa aver contratto il coronavirus, il pediatra prescrive il tampone.
Per il momento purtroppo non è ancora disponibile il test messo appunto di recente apposta per i piccoli, che consiste in un rullino di cotone come quelli dei dentisti e che va semplicemente tenuto in bocca per farlo impregnare di saliva. Questo test è infatti ancora in fase di sperimentazione.
Attualmente, quindi, il tampone classico, detto “molecolare”, resta il test di prima scelta ed è considerato il più attendibile per la diagnosi di Covid. Permette infatti di rilevare la presenza del Coronavirus mediante la ricerca del suo Rna, cioè del suo materiale genetico, contenuto nelle secrezioni prelevate dal naso e dalla gola.
Il tampone che si effettua ai bambini è in pratica uguale a quello degli adulti, anche se un po’ più piccolo, ma è il solo che possa dare un risultato (positivo o negativo) affidabile in un tempo relativamente limitato (24-48 ore).
Va precisato che esiste anche un altro tipo di tampone, detto “antigenico rapido”, che valuta gli antigeni del Coronavirus, cioè le proteine mediante le quali il virus infetta le cellule umane, ma si tratta di un test meno affidabile in quanto può dare luogo più facilmente a falsi negativi.
Quanto ai famosi “test sierologici”, non servono per diagnosticare la malattia, ma solo per sapere se la malattia è già stata contratta.
Si effettuano mediante un normale prelievo di sangue, che va poi analizzato in laboratorio, e permettono di valutare se l’organismo ha prodotto o no anticorpi (detti anche immunoglobuline) specifici contro il Sars-CoV-2 (il Coronavirus responsabile della sindrome Covid 19).
Se nel sangue sono presenti le immunoglobuline M (IgM), vuol dire che la malattia è stata contratta da poco (7-10 giorni prima) ed è ancora in corso. Se sono presenti le immunoglobuline G (IgG), significa che l’organismo ha contratto la malattia da più tempo (15-20 giorni) e che ha sviluppato gli anticorpi specifici (memoria immunologica) che lo proteggeranno in caso di reinfezione. La compresenza di IgM e IgG indica ovviamente un’infezione relativamente recente.
Due considerazioni sono opportune: innanzitutto l’assenza di IgM e IgG non esclude la possibilità di un contatto avvenuto con il virus, ma in epoca ancora troppo recente per la comparsa dei primi anticorpi (IgM). In secondo luogo, fino a oggi non si sa ancora per quanto tempo possa durare questa immunità acquisita.
Esiste infine anche un “test sierologico rapido”, per il quale basta una semplice goccia di sangue prelevato con un pungidito, che dà una risposta immediata ma rileva la presenza di eventuali anticorpi solo in modo generico e non mirato.
Consulenza del dottor Piercarlo Salari, pediatra a Milano