I genitori, angosciati, non fanno che parlarne. Durante una festa di matrimonio di qualche giorno fa, a Monticelli Pavese, un bimbo di 6 anni, allontanatosi dalla tavola insieme ad alcuni amichetti, si è tuffato per il caldo in una piscina del parco del ristorante, si è sentito male e, nonostante il trasporto urgente in rianimazione pediatrica, si è spento poco dopo agli Ospedali riuniti di Bergamo.
Neanche due mesi fa, stesso dramma per un altro bimbo di 6, caduto in piscina ad Arezzo e giunto morto all’Ospedale Meyer di Firenze.
Oltre al ripetersi della stessa terribile fatalità, sconcerta il fatto che, in entrambi i casi, i soccorsi sono stati pressoché immediati: i bambini sono stati subito tirati fuori dall’acqua, rianimati dai medici del 118 e trasportati d’urgenza in ospedale con gli elicotteri. Eppure per entrambi la congestione ha provocato un arresto cardiaco. E ora ci domanda sgomenti come sia possibile morire di congestione.
La congestione, come noto, si verifica quando la digestione viene interrotta bruscamente a causa di un improvviso raffreddamento dell’organismo, dovuto spesso a un bagno in acqua fredda, ma anche all’assunzione di una bibita ghiacciata o a un forte sbalzo di temperatura (come nel caso del passaggio dal caldo esterno a un ambiente eccessivamente condizionato).
Succede perché il sangue viene immediatamente richiamato a proteggere gli organi vitali come il cervello e il cuore, lasciando “allo scoperto” il resto dell’organismo. Si manifesta con diversi disturbi, variabili a seconda della gravità del problema, dalla nausea al vomito, dai crampi addominali alla diarrea, dai capogiri allo svenimento, ma in genere poi tutto si risolve. Invece, sia pure in rari casi, la situazione può precipitare, fino all’arresto cardiaco.
La tragedia dei due bambini morti ci insegna – semmai ce ne fosse bisogno – che la precauzione non è mai troppa, che è meglio frenare la voglia di tuffarsi dei bambini piuttosto che accondiscendere se l’ora “di sicurezza” non è ancora arrivata. Sappiamo che per digerire una colazione con latte e biscotti servono un paio d’ore, mentre per un pranzo almeno tre, o anche quattro se troppo “pesante”. Se si prevede un bagno nel pomeriggio, meglio optare per un pasto frugale e leggero.
L’altro monito che ci arriva da questi due assurdi casi di cronaca è quello di non perdere mai di vista i bambini: non si tratta di esagerazione, ma solo di precauzione.