Per farsi capire meglio dal bebè niente paroline

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 18/03/2015 Aggiornato il 18/03/2015

Per farsi capire dal bebè, niente vezzeggiativi. Sono maggiori i benefici di una comunicazione corretta, da adulto

Per farsi capire meglio dal bebè niente paroline

Per farsi capire dal bebè di solito gli adulti (genitori, nonni, zii, amici…) usano un linguaggio particolare, fatto di versetti, vezzeggiativi e moine. Inoltre, quasi sempre, nel tentativo di farsi capire dal bebè, l’adulto modifica persino il tono di voce, virando verso tonalità più acute e innaturali. Recenti studi dimostrano che non è questo l’atteggiamento corretto per sviluppare una buona comunicazione con il bambino.

Tra i 18 e i 24 mesi

Alla base delle nuove “indicazioni” su come farsi capire dal bebè, troviamo uno studio effettuato tra Parigi e Tokyo e pubblicato sulla rivista Psychological Science. Secondo questa ricerca, infatti, il modo in cui i genitori si rivolgono al bambino pare decisamente poco chiaro e tendente al confuso. Per questo studio, che si è tenuto presso l’Istituto Riken giapponese e il Centre National de la Recherche Scientifique di Parigi, è stato coinvolto un campione di mamme con bimbi di età compresa tra i 18 e i 24 mesi. Di queste madri è stato analizzato il linguaggio (parole e tono) usato sia nei confronti del bebè sia nel dialogo e nell’interazione con adulti.

Problemi di comprensione

Ciò che è stato analizzato nello specifico è la variabile della chiarezza (quanto sia comprensibile ciò che viene comunicato), sia nel dialogo con il proprio bambino sia nel riferirsi a interlocutori adulti. Da questo confronto è emerso che, quando le mamme parlano con il bebè, usano sillabe “alterate” e scorrette, comportamenti che non assumono certamente con l’interlocutore adulto. Un esempio è il contrasto sonoro tra sillabe somiglianti, come ba o pa.

Senza cantilene o adattamenti

La differenza tra il linguaggio rivolto al bambino e quello, invece, riferito all’adulto si è mostrata anche come presenza (o meno) di una cadenza “cantilenante” se la mamma ha a che fare con il bebè. La stessa frase, infatti, risulta molto meno comprensibile quando viene detta al bambino, proprio perché si adottano alcuni accorgimenti speciali come un tono diverso o parole più “dolci”, vezzeggiativi come scarpine, pancino, testolina…

Parlare al bambino come ai grandi

Gli esperti, forti dei risultati di questo studio, consigliano quindi alle mamme di parlare ai bambini usando gli stessi toni o parole con cui si rivolgerebbero a un adulto. “Frenare” una mamma o una nonna su questo tipo di atteggiamento probabilmente è quasi un’impresa impossibile però, pensando “a lungo termine”, usare un linguaggio più chiaro potrebbe portare numerosi benefici al bambino e al suo corretto sviluppo linguistico.

 

 

 

In breve

RISULTATI OPINABILI

Come parlare al bambino? Gli psicologi dicono: niente vezzeggiativi, cantilene o strani adattamenti per farsi capire dal piccolo. Ma siamo poi così sicuri che termini come pancino o pappa, siano tanto deleteri sulla comprensione tra mamma e bebè?

 

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