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Fino all’anno di età, e talvolta anche oltre, i bambini sanno pronunciare solo pochi suoni indecifrabili o al massimo pochissime e brevi parole. Eppure il loro linguaggio è molto meno immaturo di quanto si potrebbe pensare in apparenza. Addirittura, fin dai primissimi giorni dopo la nascita sarebbero presenti meccanismi che fino a oggi si pensava fossero esclusivi degli adulti. Lo ha evidenziato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani, della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) e dell’Azienda Ospedaliera di Udine.
Uno studio su bebè di pochi giorni
La ricerca ha riguardato alcuni neonati di soli due-tre giorni di vita. Tutti sono stati sottoposti ad alcuni semplici esperimenti. Per prima cosa, gli studiosi hanno fatto sentire loro una sequenza continua di sei sillabe e poi altre sequenze simili. In un secondo momento, gli esperti hanno introdotto in ciascuna sequenza, una pausa brevissima, quasi impercettibile anche all’ascolto più attento. Durante tutte queste prove, è stata eseguita una spettroscopia a raggi infrarossi, un esame non invasivo che permette di misurare l’attività cerebrale. Lo scopo era raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sullo “stato” del linguaggio nei bebè e il suo sviluppo.
Scoperte importanti
L’analisi dei risultati ha permesso di scoprire che i meccanismi che caratterizzano il linguaggio dei neonati sono molto più simili a quelli tipici del linguaggio degli adulti di quanto si pensasse. Innanzitutto, si è visto che i bebè sono in grado di distinguere le sequenze di sillabe simili, ma solo se queste differiscono per gli estremi. Quando vengono spostate le sillabe all’interno della parola, i piccoli tendono a fare confusione. Il sistema cognitivo, dunque, codifica meglio la prima e l’ultima sillaba dei vocaboli, proprio come avviene in età adulta. L’importanza degli estremi di una parola, infatti, è conosciuta da anni. “L’informazione contenuta agli estremi è molto importante e si riflette in molti fenomeni associati al linguaggio. Per esempio, le particelle che nelle parole contengono informazioni, quelle che denotano il genere, il numero, le declinazioni dei sostantivi e dei verbi, sono quasi tutte contenute all’inizio o alla fine delle parole, in tutte le lingue conosciute” hanno spiegato gli autori. Inoltre, si è visto che una pausa, per quando brevissima, riesce a dividere la parola lunga in due parole corte: un espediente che permette al cervello di distinguere le parole con le sillabe scambiate al loro interno.