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A parità di condizioni socioeconomiche, i bambini che interagiscono verbalmente di più con i propri genitori, soprattutto tra i 18 e i 24 mesi, presentano performance migliori (dal 14 al 27%) nei test su quoziente intellettivo, comprensione verbale e vocabolario. E in definitiva andranno meglio a scuola. È quanto emerso da uno studio del Women and Infants Hospital of Rhode Island e della LENA Research Foundation a Boulder, in Colorado, pubblicato sulla rivista Pediatrics.
La voce della mamma
Già un altro studio, questa volta della Stanford University School of Medicine (Stati Uniti), era giunto alla conclusione che la voce della mamma riveste un ruolo fondamentale per aiutare i piccoli a parlare meglio e a evitare i problemi di comuncazione: basta anche sentirla solo per un secondo, per riconoscerla e accendere diverse aree del cervello. Si sapeva già che avvertire la voce materna può essere di conforto emotivo per i bambini, ma questa ricerca mostra i circuiti biologici sottostanti.
Riconosciuta in un secondo
Gli studiosi hanno esaminato con una risonanza magnetica nucleare 24 bambini, tra i 7 e i 12 anni, mentre ascoltavano delle registrazioni di voci: i ragazzi sono risultati in grado, anche solo dopo un secondo, di riconoscere la voce della mamma con un’accuratezza del 97%.
Tante aree del cervello coinvolte
Hanno così concluso che sentire la voce della mamma favorisce le funzioni cognitive dei bambini. Tante le aree del cervello “accese” sentendo parlare chi li ha messi al mondo: da quella uditiva (la corteccia uditiva primaria) a quelle che gestiscono le emozioni (l’amigdala), fino a quelle coinvolte nella percezione ed elaborazione dei volti.
Migliora la comunicazione
Secondo i ricercatori lo studio potrebbe offrire uno spunto per studiare i deficit di comunicazione nei bambini, per esempio quelli autistici, che hanno serie difficoltà a interagire con l’ambiente sociale. La capacità di comunicare socialmente dipende molto, secondo gli esperti, da come si reagisce percependo la voce della mamma. L’altro obiettivo sarà capire se, e quanto, l’effetto “incantesimo” della voce materna rimanga nel tempo.
Serve da stimolo
A sostegno di questa tesi, altri studi affermano che anche lo sviluppo dei disturbi del linguaggio e dell’apprendimento può essere in parte prevenuto e ridotto sulla base di accurati stimoli acustici. Fin dal primo anno di vita, la mamma può utilizzare canzoncine e filastrocche, parlare al bebè durante il bagnetto o la pappa o ripetere i versi degli animali. Quando il bimbo è più grande, si può giocare all’”oggetto misterioso” (il bambino deve indovinarlo in base alla descrizione dell’adulto), mentre per allungare i tempi di attenzione sono utili le attività a tavolino, come i giochi di memoria e quelli in scatola.