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Contro le più classiche linee guida dello svezzamento che conosciamo, nutrire il bebè con gli alimenti più allergizzanti ridurrebbe il rischio di allergia. A sostenerlo è un recente studio statunitense pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Niente restrizioni, meno rischio allergie
Per giungere a questa conclusione, è stato testato un campione di 640 bambini dai 4-11 mesi di vita fino ai 5 anni di età. Nei bambini alimentati senza restrizioni, quindi anche con le noccioline (uno degli alimenti più allergizzanti), il rischio di sviluppare allergia è risultato ridotto di oltre l’80%, mentre hanno sviluppato un’ipersensibilità il 17,2% dei bambini che avevano seguito una dieta restrittiva, contro solo il 3,2% di quelli che non avevano avuto divieti alimentari.
Il parere dell’esperto
Anche la dottoressa Antonella Muraro, responsabile del Centro di riferimento per lo studio e la cura delle allergie e delle intolleranze alimentari dell’Università di Padova e presidente eletto dell’Eaaci, l’Accademia europea di allergologia e immunologia clinica, conferma l’esito dello studio. “Già dal 2004 le linee guida europee Eaaci raccomandano uno svezzamento senza restrizioni anche per i bambini a rischio, ovvero con una familiarità per le allergie. Nel primo anno di vita, infatti, c’è una sorta di “finestra immunologica”, durante la quale il bimbo impara a riconoscere e tollerare gli alimenti tipici del suo contesto culturale, prima attraverso il latte materno e poi con lo svezzamento a base di cibi solidi. L’esposizione graduale agli allergeni non aumenta perciò il rischio di allergie, anzi lo diminuisce”.
Niente restrizioni nemmeno per la mamma che allatta
Via libera, dunque, all’allattamento esclusivo fino al 4° mese con la mamma a dieta libera, affinché attraverso il latte materno il bebè possa venire a contatto con tutti gli allergeni. Nei casi di mancato allattamento al seno, sono consigliati, invece, i latti idrolisati estensivi. Continua Murano: “Lo svezzamento con i primi cibi solidi si può iniziare fra il quarto e il quinto mese, aspettare oltre non serve a ridurre la probabilità di allergie. Lo studio appena pubblicato indica anche come, fra il quarto e il sesto-ottavo mese, sia possibile un intervento di “immunomodulazione” che aiuta i bambini a sviluppare tolleranza esponendoli, appunto, all’alimento “a rischio”, come tale oppure in forma modificata”.
Così il sistema immunitario si abitua
Attraverso il processo di desensibilizzazione del sistema immunitario si cerca di “insegnare” a chi è già allergico a non reagire all’alimento per cui è ipersensibile. In pratica si espone il paziente a dosi sempre più alte dell’allergene per cercare di “convincere” il sistema immunitario a riconoscerlo. Di questa terapia, però, non si conoscono gli effetti nel lungo tempo e poi ha il limite che deve essere condotta in condizioni controllate, in ospedale, per poter intervenire tempestivamente in caso di reazioni gravi. È comunque certo che per i casi di allergia più acuti questo tipo di terapia aiuta a ridurrebbe la soglia oltre la quale si scatena la reazione allergica, riducendo così il rischio di shock anafilattico.