Anche se il latte, meglio se materno, rimane l’alimento principale fino ai 12 mesi, il bambino intorno ai 6 mesi (ma anche prima o dopo) inizia a mostrare interesse per il cibo. A quel punto dimostra di avere sviluppato un corretto sviluppo cognitivo e neuromotorio che gli consente di richiedere il cibo attivamente. Quindi, lo svezzamento del bebè attraverso l’alimentazione complementare a richiesta deve essere legata agli interessi del bambino e non a una una tabella di marcia precisa. Viene tuttavia ribadito dagli esperti che ogni passaggio dovrà essere graduale e rispettoso dei tempi del singolo bambino, che è in grado di capire cosa vuole mangiare e in che quantità.
Più libertà al bambino
È questi di fatto il concetto cardine dell’autosvezzamento: il bambino mangia “quello che vuole nelle quantità che vuole e se ne vuole”, e lo fa perché, messo a tavola insieme al resto della famiglia, ha modo di farne richiesta mostrando interesse. Diventa, quindi, essenziale che i genitori seguano una dieta sana e varia. In questo modo non c’è motivo di distinguere tra cibo per i grandi e per i piccoli. “Parlare di alimentazione complementare significa quindi, valorizzare la dieta di tutta la famiglia”.
Da sapere!
L’Associazione culturale pediatri ha realizzato uno studio rivolto sia agli specialisti del settore sia ai genitori. È emerso che fissare un’età prestabilita in cui debba avvenire il passaggio dal latte al cibo solido, ossia lo svezzamento del bebè, sia in realtà un falso mito e non abbia alcun fondamento scientifico.