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Il diritto alla salute non è garantito allo stesso modo per tutti i bambini italiani, ma varia, a seconda se si viene al mondo in regioni “virtuose” o “distratte” nei confronti della tutela della salute dei bambini. Il dato, inquietante, è fornito da un dossier del Comitato per la bioetica della Società italiana di pediatria (Sip).
Allarme mortalità
Secondo la ricerca, infatti, chi nasce a Napoli, per fare solo un esempio, ha un rischio di mortalità più alto del 30% rispetto a un bambino che viene al mondo a Milano. Nelle regioni meridionali, infatti, rimane del 30% più elevata rispetto a quelle del settentrione. Nel 70 per cento dei casi la mortalità avviene nei momenti successivi alla nascita. Questo succede anche perché in ogni regione ai neonati vengono fatti test di screening alla nascita più o meno estesi: in Toscana, per fare solo un esempio, a ogni neonato si fa uno screening metabolico allargato in grado di diagnosticare più di 40 diverse patologie rare. E quindi consente una possibilità di cura precoce. Invece in Campania si fanno solo i tre test obbligatori per legge, cioè per l’ipotiroidismo congenito, la fibrosi cistica e la fenilchetonuria.
vaccinazioni, tante disparità
Non c’è una situazione omogenea nelle diverse regioni italiane nemmeno per quanto riguarda le vaccinazioni. Se, infatti, in Puglia, in Basilicata, in Veneto e in Toscana da quest’anno i bambini saranno vaccinati gratis contro il meningococco B, una tra le principali cause di meningite con esiti mortali e danni permanenti, nelle altre regioni d’Italia i bambini non riceveranno l’immunizzazione gratuita. Alcune Asl, però, in base alle risorse economiche disponibili, hanno deciso di fare la vaccinazione per la meningite B ai nuovi nati o ai soggetti a rischio.
Cure palliative, non dappertutto
Stesso discorso anche per le cure palliative, necessarie, per esempio, per i piccoli affetti da tumori: in Italia vi dovrebbero essere sottoposti circa 15 mila minori mentre sono solo 5 le regioni in cui è stata attivata la rete pediatrica di cure palliative prevista dalle legge.
Una situazione da sanare
“Questa situazione è inaccettabile, sia guardando alla disomogeneità nella qualità del servizio offerto sia guardando alla confusione normativa che si è creata – denuncia il presidente della Sip, Giovanni Corsello – . I bambini italiani, oggi, non sono tutti uguali: programmi di vaccinazione, screening neonatali, rete punti nascita, assistenza oncologica e cure palliative rappresentano altrettante priorità di una politica sanitaria che non è stata capace di garantire i fondamentali principi di uguaglianza, universalità ed equità. E purtroppo nemmeno i livelli essenziali di assistenza. Come testimonia il Rapporto verifica adempimenti LEA 2012, una sola regione italiana, il Veneto, fra le 16 prese in esame, risulta in regola “per tutti gli adempimenti oggetto di verifica” e sono purtroppo molte quelle che dimostrano di non saper assicurare neppure i livelli considerati appunto essenziali”.
L’appello dei pediatri
La Società Italiana di pediatria per questo ha lanciato un appello alle istituzioni: “Occorre un ripensamento radicale degli esiti della regionalizzazione del sistema sanitario, fermando almeno la tendenza alla divaricazione fra le regioni e orientando la loro autonomia all’obiettivo di una crescente integrazione, perché questa è l’unica direzione coerente con l’articolo 32 della Costituzione”, afferma Stefano Semplici, presidente del Comitato per la bioetica della Sip e presidente del Comitato internazionale di bioetica dell’Unesco.