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8 bambini su 100 soffrono di cardiopatie congenite di diversa gravità. Il triste dato è stato fornito dall’Aicca (Associazione italiana cardiopatici congeniti adulti) che riunisce malati, medici, chirurghi e psicologi che operano nel reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica e del Congenito Adulto dell’Irccs Policlinico San Donato di Milano. Fino ad alcuni anni fa i neonati che presentavano i problemi più gravi non avevano speranza di sopravvivere. Ora, invece, le tecniche di diagnosi e gli interventi hanno fatto molti progressi e le possibilità di vivere, e bene, sono aumentate notevolmente.
Seguiti anche da adulti
I cardiologi si interessano molto a chi è diventato adulto dopo essere stato trattato per una cardiopatia congenita. Queste persone, infatti, hanno problematiche sanitarie diverse rispetto a chi soffre di malattie cardiovascolari sviluppate in età adulta, quindi hanno bisogno di una sorveglianza specialistica continua. “Pensate solo alla sostituzione di una valvola in un adulto che ha sofferto di cardiopatia congenita – spiega Massimo Chessa, uno dei coordinatori del Dipartimento di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica dell’ospedale milanese. Oggi questo intervento può essere effettuato per via percutanea, cioè con un sondino che porta la valvola sostitutiva fino al cuore attraverso i vasi, ed è solo uno dei trattamenti cui possono essere sottoposti i cardiopatici congeniti adulti”.
Un’equipe multidisciplinare per curarli
In Italia, nei Centri di eccellenza di Cardiologie e Cardiochirurgie Pediatriche e del congenito adulto, quasi il 90% dei neonati con cardiopatie congenite raggiunge l’età adulta. Ma si punta a migliorare ancora questi risultati agendo già all’interno dell’utero materno, sfruttando le tecnologie informatiche. “Il paziente più piccolo che abbiamo trattato pesava solo 1,8 chilogrammi – spiega Chessa raccontando gli sviluppi della cardiochirurgia pediatrica. Si assiste sempre di più – aggiunge – a una gestione ibrida di queste patologie, che vede lavorare in costante collaborazione il chirurgo e chi si occupa di emodinamica interventistica”.
Gli interventi più richiesti
“Gli interventi più comuni – informa ancora Chessa – che si effettuano in età infantile, spesso nei neonati, mirano a dilatare valvole che non si aprono a dovere, a correggere difetti nel setto interatriale (la parete che separa le due parti superiori del cuore) dove si chiudono o aprono piccoli vasi sanguigni in base alle necessità».