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È una malattia poco conosciuta. Ma anche chi la conosce, difficilmente pensa che la sifilide sia tipica dell’età pediatrica. Invece, secondo un’indagine nazionale, coordinata dall’ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna e dalle principali società scientifiche di neonatologia, pediatria, ginecologia e microbiologia, questa infezione è in aumento anche e soprattutto fra i neonati.
Si trasmette attraverso i rapporti sessuali
La sifilide è provocata da un particolare batterio, il Treponema pallidum, che nella maggior parte dei casi si trasmette attraverso rapporti sessuali non protetti. Il batterio può anche passare dalla madre infetta al bambino, durante la gravidanza o al momento del parto. La sifilide congenita (presente cioè alla nascita) è in crescita: dal 2000 a oggi, i casi registrati in Italia sono in costante aumento.
I nuovi dati
L’indagine è stata condotta in un centinaio di centri nascita sparsi in tutta la penisola. Ebbene, è emerso che un bambino ogni 5.000 è affetto dalla sifilide dalla nascita. I bebè più colpiti sono quelli nati da ragazze immigrate, per lo più dall’Est europeo. Non mancano, però, casi fra le giovani italiane. Le regioni più colpite? Soprattutto quelle del centro-nord, in particolare le aree a elevata densità urbana di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Lazio.
Pochi controlli in gravidanza
Esattamente come nel caso delle altre malattie sessualmente trasmissibili, anche la sifilide è causata da rapporti sessuali non protetti. Il problema è che le ragazze, oltre a non proteggere se stesse, non tutelano nemmeno i propri bambini una volta incinte. Infatti, molte future mamme non eseguono i controlli specifici per la sifilide durante la gravidanza e, dunque, non si possono curare in maniera adeguata. Un decreto ministeriale del 1998 aveva stabilito che tutte le future mamme dovessero eseguire il test, ma ancora oggi l’analisi non è fatta a tappeto.
Si cura con gli antibiotici
Eppure, prevenire la sifilide neonatale è possibile. Basta somministrare alla donna infetta antibiotici mirati. La cura farmacologica previene la trasmissione al feto, purché effettuata con un certo anticipo rispetto al parto: fino a un mese prima.