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Una ricerca condotta da un gruppo di scienziati dell’Università della Carolina del Nord ha permesso di osservare che il cervello dei piccoli che svilupperanno l’autismo presenta delle differenze, strutturali e anatomiche, rispetto a quello degli altri bambini che non saranno colpiti dal disturbo. Da qui l’idea che la risonanza magnetica a 6 mesi di vita possa evidenziare il rischio di autismo, permettendo un intervento precoce che, in quanto tale, risulta anche più efficace.
Di origine genetica
La ricerca ha preso in considerazione 59 lattanti ad alto rischio di sviluppare il disturbo, perché con un fratello colpito dal disturbo influenzato dalla genetica. Il cervello analizzato con risonanza magnetica a 6 mesi ha permesso di escludere con sicurezza la malattia in ben 48 bambini: previsione confermata a distanza di due anni. Mentre i restanti 11 bambini hanno manifestato i sintomi dell’autismo al compimento (circa) dei 24 mesi, proprio secondo quanto previsto dalla risonanza magnetica a 6 mesi.
Il parere del pediatra
“I risultati di questa ricerca non devono certo suggerire che sia opportuno sottoporre, a scopo predittivo, tutti i neonati alla risonanza magnetica – afferma il dottor Leo Venturelli, pediatra di famiglia – . Ma attualmente l’indagine non è suggerita neppure per i piccoli a rischio per familiarità. Di fatto, è ancora troppo presto per dire se la scoperta troverà applicazione su larga scala. Va detto, però, che esiste un’indagine molto semplice che può indurre il sospetto di un autismo, prima del compimento dell’anno di vita. Si tratta della misurazione della circonferenza cranica, che nei bambini che potrebbero andare incontro al disturbo aumenta più rapidamente rispetto alla media. Si tratta comunque di un segno aspecifico, cioè va confrontato con altre eventuali manifestazioni anomale e che, da solo, non autorizza certo a fare diagnosi”.