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Un test visivo potrebbe predire il rischio di sviluppare autismo. Scienziati svedesi della Uppsala Universitet hanno, infatti, scoperto di recente che i neonati che avranno uno sviluppo sano sono più attratti da stimoli visivi e sonori, mentre i bebè che si ammaleranno di autismo non manifestano lo stesso interesse.
Il test a 10 mesi di vita
Lo studio è stato condotto nell’ambito di un progetto di ricerca multicentrico volto a scoprire i segni precoci di autismo, ovvero a individuare anni prima che la malattia abbia il suo esordio, segnali atti a riconoscerla. Gli esperti hanno considerato un gruppo di bebè di 10 mesi di vita, sottoponendoli a un test della durata di pochi minuti: su un video scorrevano immagini di oggetti in corsa, ma in metà del video la velocità degli oggetti era in sincronia col volume del suono trasmesso, nell’altra metà oggetti e suoni non erano sincroni.
Controlli per 3 anni
Si è osservato che alcuni piccoli preferivano marcatamente dirigere lo sguardo sugli oggetti che correvano in sincronia col sonoro, mentre altri guardavano tutti gli oggetti senza palesare alcuna preferenza, disinteressati alla sincronia tra stimoli sonori e visivi. Tutto il campione è stato monitorato per i successivi tre anni, durante i quali alcuni bambini hanno ricevuto una diagnosi di disturbo dello spettro autistico. È così emerso che i bambini cui era stata diagnosticata la malattia erano quelli che a 10 mesi non avevano mostrato interesse per la sincronia di suoni e stimoli visivi. I ricercatori hanno perciò concluso che un semplice test visivo potrebbe diventare, in futuro, uno strumento di diagnosi molto precoce dell’autismo.
Un problema neuropsichico
I disturbi dello spettro autistico sono tra i più comuni e invalidanti disturbi dello sviluppo neuropsichico: secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, colpiscono circa 1 bambino su 160, spesso in associazione con altri disturbi, determinando quadri funzionali molto diversi, che perdurano tutta la vita e si ripercuotono in modo significativo sulle famiglie dei malati. Il 15-20% dei casi riguarda i cosiddetti casi sindromici o su base genetica, mentre nella maggior parte di casi si parla di autismo idiomatico, dunque senza una causa definita.