Argomenti trattati
La displasia dell’anca, detta anche lussazione congenita dell’anca (articolazione tra testa del femore e corrispondente cavità del bacino, denominata acetabolo), è l’anomalia scheletrica più frequente alla nascita. Può essere riconosciuta con estrema precocità e, con i dovuti provvedimenti, risolta senza alcuna conseguenza per il bambino: più che in una malformazione vera e propria, infatti, la displasia dell’anca consiste in un ritardo dello sviluppo dell’articolazione nel corso della vita intrauterina. Spetta unicamente al neonatologo o al pediatra diagnosticarla attraverso la manovra di Ortolani
e poi un’ecografia delle anche da effettuare entro il terzo mese di vita. D’altra parte, se la displasia dell’anca viene trascurata si possono avere serie conseguenze sulla deambulazione del bambino.
Più frequente in alcune regioni
La diffusione della displasia dell’anca varia. In Emilia Romagna, Valle d’Aosta e Puglia, per esempio, risultano colpiti quattro neonati su mille, mentre in Campania, Sicilia e Sardegna l’incidenza è inferiore a uno su mille. Va ricordato che il rapporto tra i sessi è nettamente sfavorevole per le femmine: le neonate con displasia alla nascita presentano infatti una frequenza cinque volte più elevata.
Tre livelli di gravità
Per quanto riguarda la gravità si possono identificare tre livelli:
la cosiddetta prelussazione o displasia semplice (la testa del femore si trova nella cavità articolare ma può fuoriuscirne in maniera forzata);
la sublussazione (la testa del femore è fuori dall’acetabolo ma può esservi ricondotta con particolari manovre);
la lussazione non riducibile (la testa del femore rimane permanentemente al di fuori dell’acetabolo).
I trattamenti possibili
La cura della displasia dell’anca varia in funzione della serietà del problema: in alcuni casi vale la pena di attendere, confidando nella maturazione naturale dell’articolazione. Il principio della cura, in sé, è semplice: divaricare le gambe in maniera che la testa del femore non “prema “, per effetto del tono muscolare, sulla zona superiore (il “tetto”) dell’acetabolo, cioè sulla parte dell’articolazione in ritardo di maturazione: diversamente si andrebbe incontro a una sofferenza della cartilagine, fino alla sua degenerazione (artrosi), con conseguenze devastanti per il bambino al momento della deambulazione. Se il difetto di ossificazione è minimo è sufficiente l’impiego di un cuscino, di un asciugamano o, in alternativa, del doppio pannolino.
Se la situazione è più seria, invece, può rendersi necessario un tutore confezionato su misura, il divaricatore, costituito da una struttura rigida alla quale vengono assicurate, mediante nastro di velcro, le gambe del piccolo. Il divaricatore può essere rimosso soltanto quando occorre praticare una sistematica detersione. L’apparecchio gessato e l’intervento chirurgico sono invece le soluzioni estreme.