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Contro il diabete di tipo 1 non esistono cure definitive né efficaci forme di prevenzione. Ma nuove speranze arrivano da un nuovo studio, condotto da un gruppo di ricercatori italiani dell’azienda ospedaliera universitaria Meyer di Firenze, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Nutrition and Diabetes.
Poco frequente ma in aumento
Il diabete di tipo 1, noto anche come diabete giovanile o diabete insulino – dipendente, rappresenta circa il 10% dei casi ed esordisce con maggiore frequenza durante l’infanzia, l’adolescenza o comunque nei primi vent’anni di vita. Si parla di diabete di tipo 1 quando il pancreas non riesce più a fornire una quantità sufficiente di insulina, a causa della distruzione totale o parziale delle ß-cellule, gli organi responsabili della sua produzione.
Importanti i test di screening
Gli studiosi hanno esaminato le informazioni ottenute grazie allo screening allargato che il Meyer, per conto della Regione Toscana, garantisce a tutti i nuovi nati toscani e umbri. Infatti, tutti i neonati delle due regioni, a poche ore dal parto, vengono sottoposti a dei test per la ricerca delle malattie metaboliche e genetiche che possono essere rintracciate nelle prime settimane di vita. In particolare, gli autori hanno analizzato i dati di 50 bambini che hanno sviluppato il diabete nei primi sei anni di vita. Quindi, li hanno confrontati con quelli di 200 bimbi che non sono andati incontro a questa malattia.
Il ruolo della carnitina
Dall’analisi dei dati è emerso che nei neonati che poi hanno sviluppato il diabete i livelli delle carnitine erano più bassi rispetto a quelli dei bebè sani. Le carnitine sono aminoacidi che il corpo utilizza per convertire i grassi in energia. Non solo. Lo studio ha permesso di scoprire che i bassi livelli di carnitina impediscono che i linfociti T autoreattivi siano distrutti dal timo, come invece accade normalmente. Il risultato? La permanenza dei linfociti T a livello del timo, nel tempo, innesca la reazione autoimmune che distrugge le beta-cellule del pancreas. Gli esperti hanno spiegato che serviranno nuovi studi per chiarire queste scoperte. Tuttavia, se dovessero arrivare nuove conferme si potrebbe pensare di mettere a punto un trattamento precocissimo se non addirittura preventivo del diabete di tipo 1.