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Ogni anno, solo in Italia, nascono circa 40 mila bambini prematuri. Neonati fragilissimi e delicati, che hanno bisogno di ricevere un’assistenza ad hoc fin dai primi momenti di vita. Ma che oggi, grazie ai progressi compiuti nel campo dell’assistenza e delle terapie, hanno un’elevata probabilità di crescere sani e condurre una vita del tutto normale.
Problemi diversi a seconda dell’epoca di nascita
Le 40 settimane di gravidanza servono tutte, per far sì che il corpo e il sistema nervoso del bebè raggiungano il loro pieno sviluppo. I bambini che nascono prima del termine della gestazione non hanno potuto maturare completamente e possono dunque aver bisogno di cure speciali. A maggior ragione se sono nati molto in anticipo, magari di solo 28 settimane o poco più. Più tempo passano nel pancione, infatti, è meno è probabile che i bambini prematuri abbiano problemi respiratori, cardiaci, neurologici o di altro tipo. “I neonati pretermine non sono tutti uguali: quelli più piccoli, che chiamiamo molto pretermine ed estremamente pretermine, rispettivamente sotto le 32 o sotto le 28 settimane di gestazione, sono i più problematici” conferma Mauro Stronati, presidente della Società Italiana di Neonatologia.
Mamme e bebè sempre a contatto
Per permettere ai bambini prematuri di superare eventuali difficoltà e crescere sani è necessaria un’assistenza mirata fin dai primi istanti di vita. Per questo, secondo gli esperti, il primo passo da compiere è ridurre il numero dei punti nascita, così da concentrare in poche strutture selezionate le tecnologie e le professionalità migliori e così da innalzare gli standard di sicurezza. È essenziale poi permettere alle mamme di accedere senza vincoli di orario alle terapie intensive neonatali(): in questo modo si favorisce l’allattamento al seno e lo sviluppo della relazione con il bebè, che per i bambini prematuri diventa quasi un salva-vita. Stando accanto alla mamma, infatti, lo sviluppo neurologico e non solo migliora, a maggior ragione se si adotta la cosiddetto “canguro-terapia”, ossia il contatto pelle a pelle.
Serve un congedo più lungo
In terzo luogo, sarebbe importante concedere alle mamme un congedo di maternità prolungato, per dare loro modo di accudire il bambino nel miglior modo possibile, anche nel lungo periodo. Un piccolo passo in questo senso è stato fatto pochi mesi fa, quando l’Inps ha recepito il decreto legislativo del Jobs Act, aggiungendo ai cinque mesi del congedo i giorni che intercorrono tra la data effettiva del parto e l’inizio dei due mesi ante partum. L’estensione però riguarda solo le mamme di nati pretermine in caso di parto fortemente prematuro, cioè almeno due mesi prima della data presunta del parto. Non basta.