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I neonati prematuri sono un “tema” scottante per molti neogenitori. Questo perché la nascita prematura resta una delle maggiori fonti di preoccupazione per chi aspetta un bebè e per coloro cui i medici hanno prospettato una possibile nascita pre-termine. Infatti, a far da padroni nella testa e nel cuore di mamme e papà, sono la paura del mancato sviluppo fisico (organi immaturi) e il timore di danni futuri (crescita lenta, problemi psicologici e di apprendimento).
Neonati prematuri e ricerca
C’è, però, da sottolineare che la ricerca ha compiuto enormi passi in avanti rispetto alla cure dei prematuri. Oltre a un miglioramento incredibile dell’attendibilità degli screening prenatali, sono cambiate anche le condizioni e le speranze di vita per quei neonati che comunque, per differenti, motivi, nascono prima delle 40 settimane di gravidanza. Addirittura, oggi è possibile che anche bimbi che non arrivano al chilogrammo di peso corporeo, possano sopravvivere e crescere in maniera sana e regolare.
Perché la parola è tanto importante
I neonati prematuri hanno bisogno di trascorrere un periodo, più o meno lungo, in incubatrice. Ciò si rende necessario al fine che lo sviluppo si completi in un ambiente protetto e il più simile possibile all’utero materno. I neogenitori (e soprattutto le mamme) di un bambino nato prematuro si sentono spesso impotenti e incapaci di svolgere il proprio ruolo. La distanza posta dall’incubatrice stessa, così come il timore di far del male o danneggiare la salute del neonato, sono detonatori di reazioni psicologiche davvero gravose da sostenere. Ma le mamme e i papà dei neonati prematuri forse non sanno di poter fare moltissimo per il bambino, anche se si trova in incubatrice. Un recente studio della Brown University ha, infatti, rivelato che parlare ai prematuri in incubatrice ne accelera lo sviluppo.
Collegati a un registratore
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Pediatrics e ha coinvolto un campione di 36 famiglie, i cui bambini erano nati prima della trentaduesima settimana di gestazione. I piccoli sono stati “collegati” a registratori per un periodo di tempo giornaliero di ben 16 ore, per quattro settimane, ricevendo dalle centinaia alle migliaia di parole. In seguito – a 7 sia a 18 mesi di vita – i bambini sono stati sottoposti a test per verificarne lo sviluppo. Chi aveva ascoltato il maggior numero di parole, ha mostrato anche uno sviluppo psicofisico più marcato.