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Il 17 novembre è la Giornata mondiale dei nati prematuri e offre pertanto lo stimolo ad alcune riflessioni su questa particolare categoria di neonati. I prematuri sono quei neonati che nascono a un’età gestazionale inferiore alle 37 settimane e con peso inferiore ai 1.000 grammi. Ogni anno ne nascono nel mondo quasi 25 milioni, di cui oltre 45mila in Italia, pari a circa il 10% di tutti i nuovi nati. Questo numero non si è ridotto, ma ha registrato al contrario un aumento parallelamente alla diffusione delle tecniche di fecondazione artificiale, all’incremento di donne fumatrici (il fumo è, infatti, nocivo anche prima della gravidanza) e al cambiamento dello stile di vita della popolazione femminile, sempre più impegnata, con il passare degli anni, in attività lavorative stressanti. La professoressa Iolanda Minoli, del Centro di Medicina Perinatale dell’Ospedale San Giuseppe di Milano, illustra alcuni aspetti importanti riguardanti i particolari bisogni assistenziali di questi neonati e i traguardi del prossimo futuro.
Cosa significa prematurità?
Un primo concetto da precisare è che prematurità non significa malattia. Il neonato prematuro è un neonato che deve completare un processo che si è arrestato in anticipo e per questa ragione non deve essere “aggredito” con farmaci: il vero principio dell’assistenza è, infatti, quello di lasciare agire il vero medico, che è il tempo. Le cellule degli alveoli polmonari, per esempio, maturano ogni giorno, e allo stesso modo si evolvono quelle del sistema nervoso. Da queste considerazioni scaturisce la seconda riflessione: la strategia ottimale per accompagnare il prematuro nel compimento del suo percorso consiste nel tenerlo in condizioni il più possibile simili a quelle naturali, ossia in una culla riscaldata, in un ambiente sterile, con ossigeno, e sottoposto a qualche flebo e soprattutto ad alimentazione con latte umano.
Conseguenze per lo sviluppo futuro?
No, a patto che il neonato venga assistito in maniera adeguata. Un mio studio, pubblicato su un’autorevole rivista scientifica internazionale, su tre neonati – uno italiano e due americani – con un peso complessivo alla nascita (tutti e tre insieme) di 1.100 grammi e seguiti fino all’età adulta ha dimostrato che anche un individuo che alla nascita pesa meno di 500 grammi può avere una vita del tutto normale anche da un punto di vista professionale. A titolo di curiosità va sottolineato che molti personaggi celebri erano nati prematuri e pur essendo venuti alla luce in epoche in cui i livelli di cura erano ben diversi da quelli attuali sono riusciti a eccellere, lasciando una traccia indelebile nell’arte, della scienza, nella letteratura, nella cultura o nella storia. Tra questi, per fare soltanto qualche nome, possiamo ricordare Isaac Newton, Auguste Renoir, Charles Darwin, Victor Hugo e Napoleone Bonaparte.
Che cos’è cambiato nell’assistenza?
Il progresso tecnologico ha compiuto passi da gigante negli ultimi decenni. Basti pensare che negli anni ‘60 non si riteneva possibile far sopravvivere neonati di peso inferiore a 1.500 grammi. Il limite di peso si è progressivamente ridotto fino a raggiungere valori addirittura inferiori ai 500 grammi alla fine degli anni ‘70. La nuova frontiera è l’assistenza a neonati di 21 e perfino 20 settimane di gestazione: numerosi studi scientifici dimostrano che si possono ottenere risultati molto buoni e del tutto assimilabili a quelli di neonati venuti alla luce alla 26a settimana.
Qual è l’alimentazione ottimale?
Per molti anni si è dedicata notevole attenzione alle gravi patologie che possono colpire i prematuri (per esempio, insufficienza respiratoria, sepsi, emorragia cerebrale, enterocolite necrotizzante), trascurando i problemi nutrizionali. Con il miglioramento della sopravvivenza ci si è resi conto, però, che l’alimentazione riveste un ruolo fondamentale nel condizionare la crescita e la qualità di vita. Una questione tuttora dibattuta dagli studiosi riguarda l’apporto di proteine, ma è concorde il parere nel considerare il latte di donna l’alimento migliore anche per i neonati con peso alla nascita molto basso, in quanto dotato di componenti non riproducibili (fattori bioattivi, cellule vive) e determinanti per lo sviluppo del sistema immunitario, del sistema nervoso e in generale per i processi di adattamento alla vita extrauterina. A tale scopo le banche del latte consentono di raccogliere e distribuire questa preziosa fonte di nutrimento.
Che cosa si deve fare per aiutare a vivere sano il neonato prematuro?
È importante prevenire la prematurità insegnando alle donne quali regole e stili di vita seguire per avere una gravidanza e un parto fisiologico. Per esempio, sono sconsigliate certe fecondazioni artificiali che possono portare alla nascita di quattro gemelli o più. È poi opportuno concentrare in centri specializzati i neonati prematuri e le gravide a rischio di parto prematuro, in quanto ogni giorno di permanenza del feto in utero aumenta le sue possibilità di vita sana. In questi centri il personale ostetrico, infermieristico e medico è altamente specializzato.
In che modo il medico deve rapportarsi ai genitori?
In primo luogo non è possibile – e di conseguenza non è corretto – esprimere valutazioni su come sarà il futuro di un neonato prematuro. Nella mia esperienza, che dagli anni ‘60 annovera oltre 18mila prematuri provenienti dall’Italia e dall’estero, posso riconoscere che alcuni bambini considerati persi alla nascita sono diventati splendidi ragazzi normali. Il medico non è detentore della certezza e per questa ragione non può pronunciare alcun verdetto. Allo stesso modo, però, deve saper rassicurare con messaggi ottimistici i genitori, che non avendo competenze sono spesso presi dal panico. Pensiero positivo, volontà ferrea, grande amore e dedizione totale sono le qualità che devono animare il medico nell’assistenza al neonato prematuro.
Di Piercarlo Salari, pediatra a Milano